venerdì 29 aprile 2011

Dalla Triade al Quadrino


Il count-down sembra partito. Quello che porterà all’inaugurazione del nuovo stadio e, con esso, alla dipartita dell’amministratore delegato bianconero, Jean Claude Blanc. Già circolano indiscrezioni sul nuovo nome: Umberto Quadrino.

Sarebbe una sorta di contrappasso. Quadrino, fino a qualche giorno fa amministratore delegato di Edison, è stato rimpiazzato in Foro Bonaparte da un francese, Bruno Lescoeur, e sarebbe per lui una bella rivincita scalzare proprio il francese di corso Galileo Ferraris.

Torinese (15 maggio 1946), Quadrino già nel 1976 era assistente di Cesare Romiti. Poi una carriera tutta nell’orbita Fiat: Iveco, Gilardini e, nel 1996, amministratore delegato di New Holland. Nel 2001 passa in Edison e Montedison.

Pur lavorando a Milano, non ha mai abbandonato la casa di Torino. Per lui la Juve sarebbe uno sbocco naturale e per Blanc l’inaugurazione del nuovo Delle Alpi la chiusura di un cerchio aperto cinque anni fa.

martedì 26 aprile 2011

Mancini non allenerà la Juve. Perché non dirlo?

Roberto Mancini non sarà il prossimo allenatore della Juventus. I giornali, che ormai copiano soltanto se stessi o, al massimo dello sforzo, i canali satellitari all news (e in arrivo c’è pure quello digitale di Mediaset: stiamo freschi), si sarebbero risparmiati paginate d’inchiostro e qualche brutta figura con una sola telefonata.

Non ci vogliono guru del calciomercato per indovinare che uno che guadagna sette milioni l’anno, sta per vincere la FA Cup, andrà a fare la Champions con una squadra che lo ritiene un traguardo storico e, soprattutto, sta imbastendo un mercato da sceicchi in Premier League soltanto per una splendida dose di masochismo potrebbe lasciare tutto per andare ad allenare una squadra da centro classifica di Serie A. Perché dopo due settimi posti a fila, una squadra, anche quella che più amo, non posso che definirla tale: da centro classifica.

Bastava comporre un numero col prefisso +44 e chiederlo al diretto interessato e avrebbe risposto quello che davvero è successo nelle scorse ore: niente. Mancini non s’è mai incontrato con Nedved e non è mai stato contattato dalla dirigenza bianconera.

Qui però sta il vero punto: dopo che è trapelata la falsa notizia dell’incontro mancuniano (fonte – improbabile - Raiola?), perché non è stata la stessa Juventus a smentire? Perché lasciano che i tifosi si dividano, Mancini sì Mancini no, intonino cori ostili allo stadio, si crei un clima evitabilissimo, invece di lasciare la squadra concentrata sulla fine di questo disgraziato torneo?

C’è forse l’interesse di sviare l’attenzione dai veri problemi di un progetto invisibile e forse, a questo punto, inesistente? Perché permettere che un Raiola qualunque possa dire quel che gli passa per la testa, coinvolgendo una Società che fino a poco tempo fa era intoccabile? C’è un fine segreto, recondito e inconfessabile della dirigenza o della proprietà bianconera?

A questo punto ci sarebbe persino da sperarlo, almeno vorrebbe dire che non si sta andando avanti a tentoni, come invece sembrerebbe, ormai da troppo tempo.

martedì 19 aprile 2011

Il coccodrillo perfetto



La scomparsa di Pietro Ferrero ha gettato nello sconforto i redattori dei coccodrilli. Mai una paparazzata, una copertina di gossip, una fidanzata famosa. Solo la solidità familiare di una delle imprese più floride del Paese e molte sponsorizzazioni sportive, Giro d'Italia compreso, per lui che amava così tanto la bicicletta da morirci a cavallo.

"Niente da segnalare" è il coccodrillo perfetto per un uomo che merita di essere ricordato.

domenica 17 aprile 2011

A Firenze una squadra fuori tempo (A-Team su LaStampa.it)

Ci sono tempi e modi. Andare a Firenze, lasciare il pallino in mano ai viola e tornare con la porta inviolata e un punticino che smuove la classifica è un obiettivo accettabile, in linea di massima. Se avviene in dicembre o a febbraio, quando i giochi sono completamente aperti e si possono ancora fare i conti con la media inglese.

Oggi no, quello che in altri tempi sarebbe stato tollerabile, è soltanto un segnale di tristezza e grigiore. La Fiorentina di quest’anno è anodina, incolore e insapore. In questo periodo, in cui nulla ha da dimostrare o da conquistare, è acqua tiepida di rubinetto.

La Juve, invece, alla luce delle tre vittorie consecutive e del risultato della Roma (sommato a quello plausibile dell’Udinese a Napoli), aveva il dovere di scendere al Franchi con il machete tra i denti. È sembrata al contrario uno di quei pacifisti degli anni Sessanta fotografati mentre infilavano i fiori nelle canne di fucile. Molto nobile, ma così in Champions ci va la Lazio, che non ci sta pensando su troppo a menare la clava.

Otto punti da recuperare su quindici a disposizione. Una volta per tutte, possiamo concentrarci sull’Europa di riserva, quella che tutti inseguono a maggio per schifarla settembre. E al primo che nomina ancora la parola Champions, che gli venga la raucedine.

Purtroppo, ancora una volta, l’approccio alla partita del Mister m’è oscuro. La squadra è entrata in campo come se fosse giovedì, con l’aggravante di una formazione da provinciale senza speranza: perché mai schierare una sola punta in un match da dentro o fuori? Questa però è la mentalità di una squadra senza cromosomi vincenti. Di una società che non sembra imparare dai propri errori. Di un allenatore che siederà sulla nostra panchina anche l’anno prossimo, quello che inaugurerà il nuovo stadio. Evento che, nel mio piccolo di ingenuo tifoso, sognavo con ben altri colori e musiche. Magari quelli dell’unica Europa che conta. Scopro però che forse conta soltanto per me.

giovedì 14 aprile 2011

Ode ai vecchietti


Uno di questi due andrà a giocare la finale di Champions League. Il primo è nato a Madrid, il 27 giugno 1977, il secondo a Cardiff, il 29 novembre 1973. Trentaquattro e trentasette anni.

Da noi, il paese dove Alex Del Piero (9 novembre 1974) e Francesco Totti (27 settembre 1976) sono continuamente criticati e faticano a trovare un posto in squadre che si barcamenano tra il sesto e il settimo posto, non può che impressionare.

Invece, quando c’è rispetto per la classe, altrove non si guarda la carta d’identità. Chiunque dei due vada in finale, io tiferò per lui. Vederlo alzare la coppa sarà la conferma che non ho sbagliato a innamorarmi di questo sport meraviglioso.

lunedì 11 aprile 2011

Con questa difesa non si va in Champions (A-Team su LaStampa.it)

Nel dopopartita, l’allenatore del Genoa, Davide Ballardini, è spietato: “La Juve non andrà in Champions”. Non so da che cosa faccia derivare le sue certezze ma, nonostante la stizza di Delneri, mi trovo d’accordo. Purtroppo.

Innanzi tutto, perché è passata un’altra giornata e la nostra posizione in classifica rimane la stessa. Mestissima: settimi. È pur vero che abbiamo guadagnato due punti sul quarto posto, ma ormai mancano soltanto sei partite e i punti in palio sono 18.

Bisogna vincerle tutte, non si scappa. Comprese la trasferta romana con la Lazio, con le pericolanti Catania, Chievo (speriamo sia già salvo ora di allora) e Parma, nonché l’ultima col Napoli che potrebbe pure giocarsi lo scudetto.

Impresa che mi pare impossibile, vista anche la prova di ieri, che pure m’è piaciuta per grinta, voglia e tenacia. Una squadra con il peggior score casalingo della serie A non può pretendere di andare in Champions: anche col Genoa due gol, che fanno 40 in 16 partite. Una media imbarazzante di due gol e mezzo a partita.

In fase difensiva c’è troppo da lavorare, per sperare in una correzione di rotta in questo scorcio di campionato. Per fortuna, ci sono anche delle gran belle prospettive, prima fra tutte un Alessandro Matri, che promette di diventare un fior di centravanti. Ieri s’è visto anche il Pepe che desiderava Delneri a inizio stagione. Per il resto, s’è allungata la striscia di partite vinte: tre a fila non si vedevano dal 2009. Ma è un risultato che più che esultare, mi fa riflettere su tutti questi mesi di anonimato.

Tocca pure constatare che azioni di Delneri sono in rialzo. Temo più per mancanza di alternative vere che per quello che sta dimostrando. Lasciarsi abbacinare da un mese positivo, dopo nove di buio pesto, sarebbe delittuoso, ma ormai non mi sorprende più nulla.

lunedì 4 aprile 2011

Notte "maggica" aspettando i top (A-Team su LaStampa.it)

Con 11 punti e solo 3 gol subiti in 6 partite, contro Milan, Inter e Roma (una sola sconfitta, tre vittorie e due pareggi), a inizio campionato avrei immaginato ben altro destino. In una ipotetica classifica avulsa saremmo davanti al Milan, che ha 9 punti ma deve giocare la partita con la Roma, ai giallorossi, 7 (idem), e immensamente avanti all’Inter, 4 punticini stiracchiati.

Queste tre squadre alla vigilia del torneo erano le favorite, insieme con noi, e fantasticare sarebbe stato lecito sognare.

Perciò com’è possibile ritrovarsi a 18 punti dai rossoneri? La spiegazione, in fondo è piuttosto semplice, ed è stata confermata anche nella brillante notte romana. La Juve, oggi, per regalarsi soddisfazioni ha bisogno di giocare di rimessa, lasciando agli avversari l’onore di scrivere la partita.

Purtroppo, non è un atteggiamento che porta lontano, nel nostro campionato, perché poi quando trovi i Lecce e i Parma, che ti aspettano e ti colpiscono quando ti apri, sono dolori forti e inaspettati.

Stasera però è inutile crucciarsi, i nostri limiti si conoscono da mesi: stasera vale la pena lasciarsi cullare dalle stelle di una notte “maggica”. Magari, sognando i due top player promessi da Marotta. Tra questi, non credo s’includa Bastos, un ventottenne che non ha mai giocato in top club e ha la bacheca vuota. Da domani prepariamoci a sentire i nomi più disparati.

Intanto, un applauso di cuore a Fabio Grosso, uno che tace, suda, si mette a disposizione e poi fa partite da campione del mondo, in campo e fuori.

sabato 2 aprile 2011

La profezia

Per vari motivi, mi è capitato di dover rileggere questo pezzo scritto per il blog su La Stampa, l'11 maggio 2010, quando si stava ventilando l'arrivo di Gigi Delneri alla Juventus. Non mi ricordavo fosse tanto profetico. La cosa che m'ha divertito è stato rileggere i commenti.

CON DELNERI ABDICHIAMO DA GRANDI D'EUROPA

Dopo il miracolo Chievo e il miracolo Samp, pare che Delneri dovrà inventarsi il miracolo Juve. Perché ormai solo su quello possiamo confidare. La scelta del bravo artigiano della panchina (che sulle grandi piazze, Roma e Oporto, ha comunque fallito catastroficamente), sia che venga confermata sia che non lo sia dopo il tira e molla con Benitez (lui sì un top), decreta in modo inequivocabile che la Juventus ha abdicato. Il nostro ruolo da oggi è apertamente di rincalzo, una società che guarda con rispetto al quarto posto e si sfila dall’aristocrazia europea.

Dobbiamo riallineare sentimenti e aspirazioni a questa nuova dimensione. Un tempo l’Italia ci andava stretta (figuratevi a me, che non più di 7 anni fa scrissi “Dieci scudetti per una coppa”), oggi diventa larghissima.

Lo scudetto all’Inter possiamo soltanto sperare di toglierlo in tribunale, perché sul campo giochiamo un altro campionato: quello con la Sampdoria a cui stiamo sfilando l’allenatore. Uno che, nell’epoca della comunicazione post-Mourinho, a malapena s’intende quando parla.

Un difetto veniale che sarebbe pure poco elegante sottolineare, ma che diventa esiziale se si considera che cos’è diventato il calcio oggi. Avete visto Van Gaal come ha infiammato la folla bavarese, durante i festeggiamenti per la vittoria della Bundesliga?

Un allenatore non è più giudicabile soltanto dalla panchina. È un comunicatore, è il volto della squadra e della società. È un uomo copertina. Questo accade nei top club. Pure Ancelotti, che pure sembrava quello più riservato del gruppo, ha scritto (o s’è fatto scrivere, poco importa) un’autobiografia che sta facendo il giro del mondo.

Perciò dico che, se pure non arrivasse, aver preso in considerazione uno come Luigi Delneri è una dichiarazione d’intenti. Che siamo un’altra cosa rispetto alle speranze che fino a ieri avevamo.

venerdì 1 aprile 2011

Le "bestie" del calcio (da Max) 3/5

 
3. STIG TOFTING

Splendido esemplare di bestia in campo e fuori, il “Bulldog” non s’è risparmiato nulla, nemmeno la galera. Autore dell’autobiografia bestseller “No regrets” (“Nessun rimpianto”, come il suo tatuaggio sul ventre), il danese ha un’esistenza segnata dall’omicidio-suicidio dei genitori, ritrovati in casa quando aveva solo 13 anni. Nomade del calcio internazionale (Danimarca, Inghilterra, Germania, Svezia, Cina), si segnalò durante i Mondiali del 2002, quando riuscì a menare anche un compagno di squadra, Jesper Gronkiaer. Quell’anno e sempre con la Nazionale, meritò quattro mesi di carcere per aver preso a testate il proprietario di un ristorante, che aveva osato non gradirne il tipo di baldoria. Da invitare a cena.

Continua. Vedi anche: Vinnie Jones e Andoni Goikoetzea.