domenica 26 gennaio 2014

Un pareggio nell'aria

Un pareggio nell’aria quello dell’Olimpico con la Lazio. La città di Roma non ci piace quest’anno. Tuttavia, è un punto che pesa, per come è maturato e per quello che vale in prospettiva.

Il rigore causato da Buffon, che s’è caricato di una colpa di altri, poteva indirizzare la partita su binari molto pericolosi, se non avessimo assistito a una prova di squadra incoraggiante.La Juve è cresciuta minuto dopo minuto e ha mostrato di non essere inferiore alla Lazio neanche giocando con un uomo in meno. Anche la dea bendata deve essersene accorta, perché i due pali colpiti dai laziali potevano essere il colpo del ko.

Una partita giocata per i tre quarti in inferiorità numerica non lascia molto spazio alle considerazioni tecniche, perché alla fine quello che conta è il cuore. Qualcosa però è balzato all’occhio. Per esempio, un Ogbonna che ancora non si sente a proprio agio con la difesa a tre. S’è mosso molto meglio quando Conte l’ha ridisegnata a quattro. E questo qualcosa dice.

Come dice che anche a Roma Vidal s’è lasciato andare a leggerezze che potevano costare molto care, con le ripartenze avversarie. Pogba è sparito nella mischia, l’attacco in questo periodo è Llorente-dipendente e non è un bene, anche in considerazione di come si sta mettendo il mercato.

Però bisogna inserire il momento in un quadro più generale. La Juve di Conte tra gennaio e febbraio soffre sempre. Il Mister non lo ammetterà mai, ma i carichi di lavoro invernali, quelli che ci permettono sprint mostruosi a fine campionato, pesano nelle gambe dei ragazzi tutti gli anni.

Nelle prime 11 partite del 2012 facemmo 19 su 33 (1,7 punti a partita). Mentre nel 2013 fino al primo marzo totalizzammo 15 punti su 27 (media praticamente identica: 1,6) con due sconfitte: Samp in casa e Roma.

In questo avvio di 2014 stiamo tenendo un ritmo di 2,5 punti, che è ben altra cosa. E riusciamo ad allungare una striscia pazzesca, che sta passando stranamente sotto silenzio: in questo campionato la Juve ha segnato in tutte le partite. Cosa che non ci era riuscita neppure nel torneo da imbattuti.

mercoledì 22 gennaio 2014

Roma e Guarin, sensazioni simili

Il day after doppio, per non farci mancare nulla. Che cosa ha fatto più clamore, l'eliminazione dalla Coppa Italia o lo "sconcertante accaduto", come la società definisce con glaciale sintesi l'affaire Vucinic Guarin?

Sinceramente, di solito preferisco rimanere coi tacchetti saldi sul campo, ma stavolta è impossibile non fare anche un giro tra le scrivanie. Che cosa accomuna due eventi all'apparenza inavvicinabili?

Innanzi tutto il retrogusto d'amaro, non nascondiamocelo. Essere eliminati non è mai piacevole, in nessuna competizione. Ancora più amaro è il sapore di uno scambio che era cominciato facendomi grondare il cuore (eh, lo sapete, ho un debole per Mirko) e finito peggio: ora ditemi voi che motivazioni può trovare un atleta, che aveva già fatto le visite mediche per un altro club.

Però, bloccando le bocce, la sintesi mi pare molto simile per i due eventi. E, fatti tutti i distinguo, non riesco a essere pessimista.

A Roma hanno passato la serata a strombazzare per strada, gonfi d'orgoglio per aver sgraffignato una vittoria di misura contro la seconda squadra dei campioni d'Italia. Non c'è la controprova, ma a parti invertite la vedo dura immaginarsi qualcuno, anche uno solo, a sventolar vessilli in piazza Vittorio Veneto per aver vinto un quarto di finale di coppa Italia.

Senza spingersi a calcolare che poi, nei primi 15 giorni di febbraio, ora i giallorossi si troveranno a giocare un sanguinoso doppio confronto col Napoli, se non addirittura due derby. Classifica alla mano, possiamo davvero dire che non sia una coincidenza strategica per noi?

Capitolo mercato. Era dal 2006 che aspettavamo questo momento. Cioè la chiusura del cerchio, il ritorno definitivo allo status quo ante. Non siamo tornati solo noi, lo sono tornati pure loro. Come e più di prima. Devo ammettere che finora questo nuovo presidente sta rispondendo ai più rosei desideri: senza soldi, senza idee, senza polso e pure senza fortuna (avesse perso pure il derby, avrebbe uno score da record, senza neanche una vittoria).

Vedere la società Inter ostaggio della Curva è una sconfitta per il calcio civile, ma è un indelebile segno dei tempi nerazzurri. Hanno anche avuto il coraggio di urlare che nello scambio ci avrebbero perso. Ignorano che Mirko è stato protagonista decisivo degli ultimi due scudetti? Evidentemente, erano troppo concentrati a vedere l'andamento della borsa di Giacarta.

lunedì 6 gennaio 2014

La Roma vittima di Totti e De Rossi

Scrivere a mente fredda rende tutto splendidamente cinico e spietato. Nove partite allo Stadium e nove vittorie, dieci successi a fila, con un solo gol subito, Roma e Napoli, le supposte pretendenti al titolo, che tornano a casa con tre gol sul groppone (a zero). Se non è dominio questo.

Anche Conte ha stravinto la personale sfida con Garcia, che pure finora ha avuto molti meriti. Uno su tutti quello di far passare sotto silenzio la striscia di risultati che sta affliggendo la sua squadra dopo la sbornia delle dieci vittorie iniziali. In otto partite la Roma ha fatto 11 punti e ha vinto soltanto due volte in casa: contro un moribondo Catania e in modo stentato con la Fiorentina. Per il resto, pareggi con Torino, Sassuolo, Cagliari, quello fortunatissimo con l’Atalanta e col Milan malandato di oggi. Un ruolino da media classifica.

Invece di delirare sugli aiutini, Totti e compagni dovrebbero preoccuparsi del loro momento e cercare di capire se la vera Roma è quella del record iniziale o è questa che, in due mesi, s’è fatta divorare 13 punti dalla Juve. E capire che l’isteria non è nel bagaglio delle grandi squadre. I vincenti non ululano al complotto prima di una sfida vitale, perché sanno che abbaiando alla luna, la luna s’incazza.

Ed è quello che è capitato ieri allo Stadium, dove, se possibile, la Juve s’è abbeverata delle parole der Capitano per trovare una carica in più. Lo testimoniano le parole di Buffon e Barzagli nel dopo-partita, che hanno rispedito al mittente l’"alibi dei perdenti".

Gestire la sconfitta non è mai semplice, ma Totti e De Rossi sono vittime di se stessi e della propria romanità, che li acceca in un ambiente difficilissimo. Sarà paradossale, ma se Garcia vuole costruire una grande Roma, deve sbarazzarsi una volta per tutte dei due paladini della Capitale. Sono giocatori che invece di caricarsi sulle spalle la squadra, scaricano su di essa le loro paranoie da raccordo anulare.

Il sempre arzillo De Sanctis, non sapendo che altro dire, ha poi tirato in ballo il favore del sistema, perché la Juventus ha uno stadio gioiello. Una logica talmente alta che noi poveri mortali non riusciamo a capire. Io finora ho creduto che lo Stadium potesse e dovesse essere un vanto, ora invece scopro tristemente che è il segno dell’onta di un sistema baro che ci favorisce facendoci vedere le partite in modo civile e moderno.

Per il resto, un Tevez da standing ovation, un Vidal pazzesco, ma il mio migliore in campo è Giorgio Chiellini, la cui maglietta da 300 partite nella Juve, da oggi è in mostra al J-Museum. Impressionante per un giocatore nel pieno dell’attività.

Ultima nota a piè pagina: le lacrime di commozione di Trezeguet sono le nostre. Grazie di tutto, David.

mercoledì 11 dicembre 2013

Inutile piangere sul latte turco

La Champions è una competizione molto logica: di solito passano le più forti. E alla fine vincono le migliori. Su 14 edizioni della lega europea com’è oggi, solo tre volte ha vinto chi è qualificata seconda nel gruppo. E due di queste tre volte sono squadre di Mourinho: il Porto del 2004 e l’Inter del 2010 (l’altra è il Liverpool del celebre 3-3 dell’Ataturk al Milan).

Questo per dire che se fai sei punti in sei partite c’è poco latte versato su cui piangere. Ha ragione Conte a sottolineare che “l'errore è stato ridurci a giocare l'ultima gara qui a Istanbul con la qualificazione in bilico”. Ingenuità come il pareggio di Copenaghen o, ancora peggio per come è maturato, quello in casa col Galatasaray in Champions League si pagano senza appello.

Poi, certo, in una competizione multimilionaria non ti aspetti di giocare su un campo da oratorio, ma se capita bisogna adattarsi. Il che vuol dire palla lunga e viva il parroco. Sul fango si lotta non si cerca il triangolo e due lenze come Drogba e Snejider hanno dimostrato di avere la maturità per applicarlo. Didier non finirà mai di stregarmi, ma questa è una fissa tutta mia e mi porterebbe fuori tema.

Le ricadute psicologiche di questa mancata qualificazione sono tutte da valutare. Più facile invece calcolare quelle sul bilancio. Sarà un ammanco che peserà fatalmente sulla campagna acquisti del prossimo anno. Salvo vincere l’Europa League e partecipare alla Supercoppa europea.

Ma, al di là della suggestione della finale in casa, l’Europa dei poveri è una iattura per quantità di impegni, trasferte, partite al giovedì. Urgono ricambi, magari anche non di statura tecnica elevatissima per rimanere coi titolari fortemente concentrati sul campionato. Largo alla Primavera, che tanto, pure lei, non ha più impegni in Youth League, eliminata dal Copenaghen.

mercoledì 4 dicembre 2013

Ecco Brazuca



Vi presento Brazuca, il pallone dei Mondiali brasiliani. Il nome in italiano non suona benissimo, ma ha senso in lingua madre. Il processo di scelta è tradizionalmente uno dei più delicati e questa volta è figlio di una votazione pubblica che ha coinvolto più di un milione di persone. In Brasile è un termine informale che indica uno stile di vita "da brasiliano". Dateci voi l'accezione che preferite.

A vedersi è bellissimo e dal punto di vista tecnico, adidas lo definisce così:

La tecnologia utilizzata per la camera d'aria e la carcassa di brazuca è identica a quella presente nei palloni Tango 12 (UEFA Euro 2012™), Cafusa (2013 FIFA Confederations Cup) e nel famosissimo pallone ufficiale della UEFA Champions League™. Tuttavia, l'innovazione strutturale rappresentata da una particolare simmetria formata da sei pannelli identici e la diversa struttura della superficie migliorano il grip, il controllo, la stabilità e l'aerodinamica in campo. brazuca è stato accuratamente testato per soddisfare e superare tutti i parametri FIFA per un pallone ufficiale, inclusa la capacità di garantire prestazioni ottimali in ogni condizione.