sabato 23 marzo 2013

Col dito al cielo

Recupera, recupera, recupera, recupera, recupera... Ciao, Pietro.


domenica 17 marzo 2013

Qualcosa non quadra nei campionati europei

In Bundesliga il Bayern ha 20 punti di vantaggio sul Borussia, in Premier League lo United domina con un +15 sul City, in Spagna il Barcellona è avanti di 10 sul Real, in Ligue1 il Psg ha quattro punti di vantaggio e una partita in meno rispetto al Lione. In Italia sappiamo.

Qualcosa non quadra. Siamo a metà marzo e i più importanti campionati continentali sono tutti virtualmente chiusi. Negli anni Novanta le 14 squadre più influenti d’Europa stavano progettando una Superliga in contrasto con la Uefa. Idea che politicamente non poteva che naufragare.

Tuttavia quello che si sta stagliando all’orizzonte è, di fatto, proprio un torneo d’elite. Se guardiamo le squadre citate, le prime e le seconde (tranquilli: in Italia presto lo sarà il Milan), sono tutte quelle che hanno partecipato alla Champions e, salvo il City, quelle che sono arrivate alla fase a eliminazione diretta.

È l’inevitabile conseguenza della spartizione dei diritti Champions che arricchisce sempre di più le squadre più forti e allarga una forbice alla lunga incolmabile con le altre, creando tornei noiosi, ma quel che più conta inappetibili dal punto di vista commerciale.

Questo porterà necessariamente a un ripensamento su scala continentale dell’organizzazione dei campionati, che così come sono rischiano di essere fuori dal tempo. La Juventus è stata brava a reinserirsi in questo circolo, ma farlo non è affatto semplice e, infatti, i nomi che circolano sono sempre più ristretti. Bisogna dire che c’è riuscita anche grazie all’insipienza dell’Inter che in soli tre anni ha sperperato il patrimonio della vittoria della Champions. Ma senza qualche harakiri, non c’è modo di accedere al cerchio magico.

Chi è avanti lo sarà sempre di più, basta che amministri coscienziosamente le immani risorse che derivano dalla Champions. Si calcola che soltanto per l’accesso ai quarti di finale la Juve metterà a bilancio 70 milioni in più. Ovvero, il famoso top player. E tanti saluti ai vari Napoli d’Europa che non potranno mai e poi mai mantenere i loro Cavani.

Soltanto Platini può invertire questo inarrestabile flusso riuscendo a imporre la sua visione di Champions all’antica: ovvero un torneo solo tra campioni nazionali. La ridistribuzione delle ricchezze sarebbe perciò più armonica. Democratica non ancora e forse mai, ma almeno vedremmo giocare per il primo posto qualche settimana in più.

venerdì 15 marzo 2013

Peggio del Bayern solo l'andata in casa

 

C’era soltanto un sorteggio peggiore: il Bayern con la prima in casa. I tedeschi vengono da due finali in tre anni, credere che l’esperienza in una competizione così non conti vuol dire non conoscere il calcio. Anzi, la vita, visto che in ogni mestiere l’attitudine mentale è fondamentale.

La Juve invece arriva ai quarti di finale da absolute beginner e l’impatto con l’Allianz Arena sarà simile a un frontale con un tir. Niente di comparabile a quanto affrontato finora dal ciclo Conte. D’altronde, se si vuole diventare grandi bisogna passare molti esami e questo è quello di laurea. Qualificarsi contro un Bayern assetato di vendetta dopo la beffa della finale casalinga dello scorso anno vuol dire accreditarsi di botto da top team europeo.

E, a proposito di finali perse, proprio Juve e Bayern, col Benfica, detengono il record assoluto: cinque. E dopo Real e Milan sono proprio i tedeschi ad averne giocate di più, nove. Tuttavia, una squadra che può permettersi il lusso di lasciare in panchina Robben e prenotare Guardiola, l’allenatore dei sogni di tutto il mondo, vuol dire che gioca in un’altra categoria.

Oltre tutto, è quella che tatticamente è meno abbordabile dal gioco contiano, essendo praticamente speculare, ma con molta qualità in più. Sono pessimista? No, sano realismo. La fede, poi, è altra cosa. Ragionevolmente alla Juve viene caricata la responsabilità continentale di evitare due semifinali con sole tedesche e spagnole. Non so che cosa possa significare, ma speriamo conti qualcosa. A questo punto qualsiasi cosa serve.

lunedì 11 marzo 2013

Profumo di scudetto


L’intensità del gol di Giaccherini è pari a quello di Borriello a Cesena dello scorso 25 aprile. Anche il profumo è lo stesso ed è quello di scudetto, alla faccia della scaramanzia. Galliani prima e Allegri poi avevano provato a gufare: la Juve ha vinto al 100 per cento o giù di lì. Ora è una fotografia.

Davvero possiamo avere paura di questo Napoli spento nella testa e nelle gambe, dove l’unico campione capace di fargli fare il salto di qualità, Cavani, non segna più manco su rigore? O dobbiamo temere il Milan di Mexes e Yepes che corre, corre e si ritrova a 11 punti di distacco? Le altre neppure le nomino, a cominciare dalla più bella Inter dal 2006.

Campionato vinto per “no contest”. Si sapeva. Qui lo si diceva neanche a voce troppo sommessa fin da settembre, salvo poi essere simpaticamente bollato da Juventus Channel come segretario della Brigata Sboroni. Carica di cui vado fierissimo (grazie, Paolo Rossi!).

Mancare l’obiettivo ora sarebbe talmente delittuoso che direi impossibile neppure volendo. Mancano dieci partite, dovremmo perderne quattro. Un cataclisma da aggregare a un punteggio pieno avversario. Ovvero: ci fermano solo se i Maya ci azzeccano con qualche mese di ritardo.

Ora i gufi in servizio permanente effettivo sono costretti a citare la rimonta della Roma sull’Inter del 2010 o il diluvio di Perugia dove si completò la rimonta della Lazio. Ma, intanto, quell’anno l’Inter poi fece il triplete, mentre quella Lazio era composta dai vari Nedved, Mihajlović, Veron, Simeone. Insomma, una signora squadra, niente a che vedere col Napoli bollito di oggi.

Dunque, ci apprestiamo ad affrontare un aprile di fuoco nel migliore dei modi. A Bologna basta non concedere punti alle inseguitrici e ci si può tranquillamente concentrare sulla Champions. E che l’urna ci eviti le tedesche e, magari, ci regali il Psg di Ibra.

giovedì 7 marzo 2013

Quando non ci credevano all'altezza

Era il 5’ minuto di Nordsjælland – Juventus. I bianconeri avevano subito il quarto gol del torneo e si apprestavano a tornare dalla Danimarca con il terzo pareggio in tre partite. I commenti cominciavano a fioccare: “La Juve non è attrezzata per due competizioni”. Qualcuno ci stava anche credendo, sennonché, da allora, 490 minuti giocati, 14 gol fatti e neanche più uno subito.

In otto partite, cinque vittorie e tre pareggi. Siamo con Borussia e Schalke 04 (che però ha una partita in meno) le uniche imbattute del torneo. Perciò: occhio alle tedesche e noi avanti così fino alla fine.

È incredibile come in un anno e mezzo Conte abbia trasformato questa squadra, che partita dopo partita si dimostra sempre più matura. Col Celtic c’era il motivato rischio di farsi male da soli e una chiave perfetta per evitarlo: segnare entro la prima mezzora. Detto e fatto.

Ora Quagliarella si ritrova in testa alla classifica dei marcatori bianconeri con 11 reti complessive (con Giovinco, che però ha giocato 35 partite contro le 22 di Fabio), di cui 4 in Champions.

E parliamo del discussissimo reparto d’attacco? In Europa, su 17 reti complessive, ne ha siglate 10 (Quagliarella 4; Vucinic, Matri e Giovinco 2), che non mi pare un bottino tanto magro, in 8 partite. Pare che l'Europa giovi più del nostro campionato.

Al punto che, a mezza bocca, si comincia anche ad ammettere che, tutto sommato, ora tutto è possibile. Forse anche a prendere in considerazione una coppia poco consueta, ma davvero molto ben assortita come quella formata da Matri e Quagliarella. Quanto meno, è un’alternativa in più, e non di ripiego. Matri regala una profondità che nessun altro del reparto garantisce, mentre Fabio è pazzo a sufficienza da sorprendere pure se stesso. Si vede che insieme si trovano bene. Prego, insistere.

Infine, onore delle armi ai tifosi del Celtic: dall’inizio del secondo tempo hanno cominciato a cantare e non hanno finito più. Applausi anche per averlo fatto a torso nudo. Per questo non sono certo un esempio da imitare, ma tanta tenuta non si spiega soltanto in galloni di birra.

sabato 2 marzo 2013

Il peso piuma degli attaccanti

Napoli - Juve ha risposto a molte domande nell’aria. Anche alla più fumosa, che volteggia da mesi: dove sarebbe la Juventus con un attaccante vero come Cavani. Se è quello della super sfida del San Paolo, esattamente dove è adesso.

Che è poi il paradosso dolce e amaro dei bianconeri: essere irresistibili nonostante si ostinino a giocare con un rebus di punta.

Continuo nel mio oramai stucchevole refrain: semmai Giovinco sia una punta, di certo non è una prima punta. Non ha i movimenti, la mentalità, la capacità di tener palla per far salire la squadra, non “sente” i movimenti della difesa avversaria quando scatta la tattica del fuorigioco, non sa giocare spalle alla porta. Quando ha la palla fa sempre qualcosa di troppo o cade. Poi i tifosi mugugnano, ma non è colpa sua se si ritrova lì davanti.

Con il Vucinic di queste ultime partite, poi, non ha proprio possibilità di dialogo. E Mirko si porterà il peso di quella pazzesca occasione fino a quando lo scudetto non sarà matematico. Perché se il campionato rimane in questo stato di coma cosciente è soltanto per l’incapacità della Juve di matarlo nel primo tempo.

Uscire dal San Paolo con un punto (anzi, quasi due, visti gli scontri diretti) e l’amaro in bocca la dice lunga sul colossale gap tra noi e gli altri.

Un gap, per una volta me lo si conceda, anche di trattamento da parte dei media. Se l’entrata su Lichtsteiner fosse stata fatta nell’area avversaria o se la gomitata Chiellini invece di prenderla l’avesse data, nessuno avrebbe parlato della partita, ma soltanto del "graditissimo" (da Mazzarri) Orsato.

Il dopo partita di Sky è sempre più ricco di buonumore. A un Caressa che chiude il collegamento con il risultato: “Napoli batte Juventus 1-1”, risponde la distratta conduttrice che riesce a dire a uno stranamente sorridente Conte: “Noi non siamo abituati a parlare di arbitri”. Ah no? Qualcuno le giri le registrazioni delle puntate precedenti. Infine la perla di Marchegiani, che di solito è il più lucido della congrega: "Sembrava una brutta gomitata, invece l'ha preso con l'avambraccio".

Tuttavia, sono orgoglioso di come la Juve non abbia degenerato in un’occasione che altri avrebbero messo come foto di sfondo del cellulare.