domenica 30 ottobre 2011

Vincere con l'Inter è normale (A-Team su LaStampa.it)

Una vittoria normale. La squadra più forte vince con la più debole, ma non è soltanto questo banale assioma. Negli ultimi tempi, vincere a San Siro sembrava dar gusto a una stagione. Come in un derby romano, come una provinciale contro una grande, come la Fiorentina contro di noi.

Stavolta invece, e finalmente, ha il sapore di una tappa. Che fosse l'Inter è un dettaglio insignificante. Nessuno ci ha messo un significato specifico. È stata una partita speciale solo per Valentino Rossi che twitta il suo malumore particolare per aver perso proprio contro la Juve o i tifosi nerazzurri più beceri che stendono un aberrante striscione da squalifica del campo (e vedremo se l'autorità interverrà, come fa di solito): “Acciaio scadente, nostalgia dell'Heysel”. Per gli uomini di Conte, no. Era una verifica dopo la bella vittoria con i viola.

E il risultato è stato il medesimo: in ordine numerico e anche logico. Un primo tempo in cui avremmo dovuto asfaltare gli avversari anche in termini di gol e, invece, l'abbiamo lasciata aperta, dimostrando che la squadra, ancorché stupendamente promettente, è ancora lontana dalla maturità.

Per il resto, una pernacchia a chi voleva vendere Marchisio soltanto tre mesi fa e un vergognoso velo pietoso sui piagnistei settimanali che hanno portato all'abominio arbitrale di un rigore da tentato omicidio non fischiato. Ma amen, ieri poteva piangere anche la Madonnina delDuomo e l'Inter avrebbe perso comunque, squadra evaporata nel giro di venti mesi, che schiera dopolavoristi come Castaignos e Alvarez là dove allora c'erano Eto'o e il Milito miracoloso dell'una palla, un gol.

In campo, poi, s'è visto l'ovvio: Matri è un centravanti moderno e fondamentale; Lichtsteiner uno degli acquisti più azzeccati dell'ultimo triennio, Vucinic al 60' scoppia perché non ha mai corso così in vita sua; Vidal deve ancora esprimere tutto il suo potenziale, ma è l'anima del centrocampo a tre; Pirlo tre partite alla settimana non le tiene, ma va fatto giocare sempre lo stesso, perché qualcosa inventa (e Rizzoli distrugge). Il celebre 4-2-4 di Conte è rimasto a Siena e samo sempre in attesa di trovare l'animo killer.

Infine, è una fortuna che Ale Del Piero non abbia segnato. Non perché altrimenti avrebbe turbato i delicati equilibri di spogliatoio (“deve giocare”, “non deve giocare”), ma perché la nostra gratitudine per come sta vivendo questo scorcio di stagione, a base di gocce di minuti, potrebbe sembrare insincera. Invece, così, la nostra ammirazione brilla di luce propria: grazie, Capitano vero.

mercoledì 26 ottobre 2011

E così Conte insultò Sinisa (A-Team su LaStampa.it)

All'intervallo, mentre da bravi giornalisti ci avventavamo senza scrupoli sul buffet, il boccone non andava né su né giù. Era come se stessimo perdendo 3-0 e invece eravamo sopra di uno. La sensazione bastarda era quella di aver perso un'occasione, di aver scoperchiato il pentolone delle beffe, di essere lì lì a dar corpo alla banalità della legge del calcio: chi spreca paga.

Ci immaginavano un beffardo Sinisa Mihajlovic che negli spogliatoi si fregava le mani, conscio che essere uscito con un solo gol al passivo dopo una tale mattanza di gioco preludeva a una notte di gioia immeritata.

Lo stesso pensiero devono averlo fatto i bianconeri, in improbabile pigiamino rosa (ma perché, perché, perché?), che, usciti dal tunnel, non sembravano attendere altro che l'ingrato destino si compiesse. Per fortuna, l'ineludibile sberlone non è arrivato fuori tempo massimo come col Genoa, ma al 13', lasciando il tempo alla squadra di riprendersi e reagire.

Questione di maturità. Il processo è ancora lungo, ma se ieri dovevamo capire che cos'è questa Juve, le idee sono un po' più chiare. Non è quella del 2-0 al Milan, ma neppure quella degli inopinati pareggi interni. È una degna via di mezzo, con molte potenzialità ancora da scoprire.

Intanto, è definitivamente acclarato che Conte non è quel talebano che qualcuno all'inizio campionato paventava. I mediocri lo sono, Conte non lo è. Questo è un dato: sa adattare, o almeno ci prova, gli schemi a uomini ed esigenze. Ieri ha visto un centrocampo a tre viola formato da giocatori non di spessore e fuori forma (Munari, Behrami e un inguardabile Kharja) e gli ha opposto una disposizione su due linee, permettendo a Vucinic di aprire la difesa avversaria come un grissino nel tonno della pubblicità.

Sinisa aveva paura di essere insultato e aveva ragione: Conte gli ha dato dell'asino. Se poi ha salvato la faccia, ma neanche tanto, è perché la Juve ha Pepe là dove dovrebbe esserci un Ribery o un Nani. Con uno così, sarebbe stata partita da risultato tennistico già nel primo tempo.

Ma è inutile essere stucchevoli e ripetere sempre la stessa tiritera: la quantità di rado fa coppia con la qualità. Accontentiamoci dell'immenso cuore di Simone, come ci accontentiamo di questa vittoria esageratamente stiracchiata, che comunque ci accompagna a San Siro con un bel po' di tranquillità in più.

domenica 23 ottobre 2011

75 milioni gettati sulle fasce (A-Team su LaStampa.it)

Martinez, Traorè, Motta, Krasic, Lanzafame, Pepe, Lichtsteiner, Giaccherini, Estigarribia, Elia. È la lista di giocatori di fascia arrivati tra lo scorso anno e questo alla Juventus. Nove. E tocca spostare a sinistra il peggior Chiellini della sua carriera o insistere con un Krasic, che ha totalmente perso tempi e sicurezze, per sperare di avere un po' di spinta dalle catene laterali. Inevitabilmente, senza ottenere frutti.

Non è tanto aver pareggiato con Bologna e Genoa
in casa e Catania e Chievo fuori a fotografare questa Juventus. È il modo. L'inane fatica a creare occasioni da gol contro le difese schierate, la mancanza completa di azioni dalle fasce, il timore di dover pensare che la differenza tra la Juve di Delneri e quella di Conte stia tutta nel genio di Sant'Andrea da Brescia. Come ebbi già a scrivere, che il Dio del calcio gli conservi la salute.

L'idea di calcio di Conte è un'altra
(al punto che l'arrivo di Pirlo venne vissuto dall'allenatore come un atto dovuto), perché il gioco dovrebbe generarsi dalle fasce. E qui viene il brutto, perché basta rileggere la lista di inizio articolo per renderci conto che da lì non può arrivare un bel nulla. Nessuno salta l'uomo, nessuno mette al centro cross decenti.

Due stagioni dedicate a trovare il jolly di fascia, cercando tra le seconde linee e gettando danari dalla finestra. Facendo un conto della serva, per difetto e senza contare gli ingaggi a vuoto, per quei nove Marotta ha speso circa 75 milioni di euro. Quanto costa Ribery? Quanto Nani? Quanto Robben? Nasri? Tutti quelli che volete?

Senza contare che sono tre anni che s'invoca un rinforzo al centro della difesa, che avrebbe logicamente dovuto essere il primo, vero obiettivo di mercato. Invece, tocca giocare alle tre carte coi soli Chiellini, Barzagli e Bonucci, dove due su tre oggi non danno garanzie.

Ora Fiorentina e Inter ci diranno davvero quale sarà la nostra stagione. Certo che una Serie A tanto scarsa non la ricordo: non esserne protagonisti sarebbe un grave smacco.

Ciao, Marco. Un grande abbraccio alla famiglia Simoncelli.

lunedì 17 ottobre 2011

Un cretino


Al 6' del p.t., dopo questo colpo di genio, tutti avevano già capito che avrebbe vinto la Lazio.

domenica 16 ottobre 2011

E io leggo la classifica dal fondo (A-Team su LaStampa.it)


Come quei pesi Mosca o Welter che ronzano, ronzano e jab, jab, ma non colpiscono mai con un diretto da K.O., questa Juve corre, pressa, tiene palla e non tira mai in porta. Reato grave, se la sera prima l’Inter affonda nelle secche della zona retrocessione e il Milan vince, perché il Palermo ha perso l’aereo e non è mai arrivato a Milano. Per motivi opposti, oggi a Verona si doveva tentare tutto il possibile per vincere: vuoi per salutare per sempre i nerazzurri, vuoi per sgonfiare l’ingiustificata prosopopea rossonera.

Invece, Conte ha pensato di schierare la stessa formazione della partita vinta col Milan. Non può certo essere Mirko Vucinic il nostro letale uppercut al mento dell’avversario, il colpo che stende. Si sa che il montenegrino assicura un rendimento costante come un orologio a cucù rotto, una partita da Dio e tre da spettatore. La statistica è lì a dimostrarcelo: nella miglior stagione ha segnato 14 gol, nelle altre è rimasto sul limite della doppia cifra. Un anno sopra di un soffio, l’altro sotto, ma sempre lì sta.

Per stendere il campionato serve invece un peso massimo, un attaccante da almeno 20 gol. Avendo Matri in panchina e Quagliarella in tribuna la perplessità della scelta odierna si fanno pressanti. A Conte per trovare il rimedio giusto non serve neppure scomodare le strategie di Marotta: basta mettere in campo almeno uno dei bomber che ha. E spostare Mirko (o il Capitano) come seconda punta.

E, naturalmente, dare un mesetto di riposo a Krasic, che ormai non c’è più con la testa. Recuperarlo vuol dire lavorare di fine psicologia, ma non è possibile vederlo in campo ridotto così. Invece, piace molto come sta interpretando la sua nuova stagione della vita il Capitano: s’allena, gioca (bene) quando può, accetta ogni decisione dell’allenatore e non fiata. Un vero Capitano.

Comunque, per non perdere il buon umore che questo pareggio avrebbe potuto rovinare, stasera basta leggere la classifica dal fondo.

mercoledì 12 ottobre 2011

Milano Kalibro Kobe

Me lo segnalano gli amici di FourFourTwo inglese. Da noi non mi sembra sia girato, ma è semplicemente stupendo: le facce sono perfette da poliziottesco. Forse giusto Marchisio è un po' troppo perfettino per il ruolo.


lunedì 3 ottobre 2011

Il campionato è de-milanesizzato (A-Team su LaStampa.it)

Ero nell'anticamera degli studi televisivi nel prepartita di ieri con un noto corsivista economico-politico del Corriere della Sera, ci erano appena arrivate le formazioni ufficiali. Non l'avrei mai confessato in diretta per ovvia scaramanzia, ma mi è bastato scorrerle per dirgli: "A leggere i due centrocampo non c'è partita". Mi ha guardato come un marziano e allora, a scanso d'equivoci, mi sono sentito in dovere di sottolineare: "Siamo nettamente superiori".

Se da una parte schieri quattro uomini, di cui un classe 1977 (van Bommel), un 1976 (Seedorf), un Nocerino (con tutto il rispetto) e un infortunato (Boateng, in dubbio fino all'ultimo), non puoi pretendere di giocartela contro un centrocampo a cinque, dove tre (Pirlo, Marchisio e Vidal) hanno un tasso tecnico e una forma superiore.

Conte l'ha vinta prima ancora di giocarla. Questa è stata la sua notte. Ha fatto tre scommesse forti: Chiellini a sinistra, dopo una disgraziatissima settimana; il centrocampo a cinque; Vucinic unica punta. Le ha vinte tutte e tre. Se un giocatore va al casinò e infila tre numeri secchi a fila, non è più fortuna: sa come gira la pallina. E se alla roulette è illegale, sul rettangolo verde è professionalità. E un quid di classe.

Cinque giornate sono poche per le sentenze definitive, ma il campionato sembra davvero de-milanesizzato. Tre sconfitte per i nerazzurri e due scontri diretti persi per il Milan disegnano un quadro molto vicino a essere definitivo. Nelle ultime tre stagioni rossoneri e nerazzurri hanno vinto lo scudetto con quattro sconfitte in totale. La statistiche non mentono. Inoltre, si dice che rimontare una squadra è possibile, tante è difficile? Be', il Milan davanti ne ha 14, l'Inter 16.

Cambiano le gerarchie e, con tale vuoto di potere, si può infilare chiunque. Il Napoli, certo. L'Udinese, chissà. La Juve? No. L'ho dichiarato all'inizio: sono scaramantico.

domenica 2 ottobre 2011

Se e sottolineo se

L'occasione per de-milanesizzare il campionato. Già alla quinta lo scudetto può cambiare coordinate.
P.S. Non dite a Moratti che De Laurentiis usa schede svizzere.