giovedì 30 agosto 2012

Berbatov e gli errori di comunicazione (su A-Team per LaStampa.it)

Al netto di Esopo e della sua volpe alle prese con l'uva, l'unica considerazione da fare è che se uno è così poco professionale è bene che rimanga dove sta. Tuttavia qualche riflessione sul caso Berbatov va fatta, se non altro per inquadrare lo stato del calcio italiano, senz'altro al punto storicamente più basso da trent'anni a questa parte.

Una situazione triste che coinvolge una nazione calcistica con due sole squadre in Champions League e finisce con uno dei mercati più miseri che si ricordino. Operazioni in uscita al più e per il resto parametri zero, prestiti con clausole varie, ma tutte volte a pagare quando capita. Campioni? Zero. Quei pochi che costruiamo se ne vanno e quelli che restano campioni non sono.

Problemi che, per quanto dalla posizione privilegiata da campione d'Italia, coinvolgono eccome anche la Juve. La ricerca spasmodica e annunciata del famoso top player s'insegue ormai da anni. E, al di là di quelli definiti tali senza credenziali (leggi per tutti Diego), la lista delle vane voci è talmente lunga che m'imbarazza elencarla.

La domanda è: davvero Marotta e Paratici sono convinti che la Juve può essere appetibile per un top europeo o è solo propaganda mediatica? In entrambi i casi la risposta è desolante. Perché se lo pensano davvero significa che non hanno compreso lo stato dell'arte del sistema calcio (e, forse, almeno l'estate passata dal loro-nostro allenatore qualche campanello d'allarme avrebbe dovuto farglielo suonare). Se, invece, è stategia, consiglio loro di cambiare kingmaker perché rilanciare promesse e annunci sapendo di non essere in grado di mantenerli è del tutto controproducente.

I tifosi non sono bambini: basta spiegare che per qualche stagione non c'è trippa per gatti, magari illustrando una solida strategia di medio periodo, e quelli capiscono (e pazientano) facilmente. Promettendo senza mantenere invece s'arrabbiano. E non senza qualche giustificazione.

Quanto allo specifico della vicenda del bulgaro, s'è toccato il fondo strategico. Si è riusciti nel duplice risultato di far infuriare un'altra società, senza alcuna contropartita vantaggiosa. Anzi, con un riverbero internazionale davvero poco in linea con una rinnovata esigenza di grandezza. Perché poi, purtroppo, gli insuccessi in certi casi brillano di più dei successi. E un'estate lodevole dove ci si è assicurati un grande Asamoah, un ottimo Isla e una prospettiva come Pogba rischia di essere ricordata solo per il vano inseguimento ai vari Berbatov, Van Persie, Sanchez, Dzeko. Non è un peccato?

mercoledì 8 agosto 2012

martedì 7 agosto 2012

Io tifo per il papà di Schwazer

La vicenda di Schwazer mi pare troppo complessa per limitarla a un baro colto con le mani nel sacco. Ieri piangeva, dicendo che non aveva neppure il coraggio di farsi vedere dai suoi. Oggi piange suo padre, che si prende la colpa per non aver aiutato il figlio in difficoltà. In questa vicenda umana s'inserisce la macchina dello sport olimpico. A me personalmente viene da scindere l'atleta che va sonoramente punito, dal ragazzo in evidente confusione mentale, che invece va aiutato. Lo ammetto, mi sento molto vicino a papà Schwazer.

venerdì 3 agosto 2012