domenica 23 dicembre 2012

Titolo: "La Juve di Conte"

Cari bambini, durante le vacanze di Natale, studiate a memoria la formazione di questa Juve del 2012, perché vi ritroverete a ripeterla per molto, molto tempo. Rimarrà scolpita come una delle più belle, delle più forti, delle più emozionanti della vostra vita. E quando, fra qualche decennio, vi chiederanno quale sia la squadra che portate scolpita nel cuore, vi troverete a recitare in automatico la Juve di Conte.

Questa è già una grande novità. Noi âgée abbiamo la Juve di Platini, qualcuno con le tempie ancora più imbiancate quella di Sivori. O più di recente quella di Vialli, di qualche fase di Del Piero. I rossoneri hanno quella del trio olandese, i nerazzurri recitano Sarti, Burgnich, Facchetti. Del Napoli, manco a dirlo, si glorifica l’era Maradona.
Di solito si celebra il campione, l’uomo che in campo accende cuori e fantasie. Questa Juve no, è indiscutibilmente la squadra del suo condottiero in panchina. Poi, certo, ci sono i vari Buffon, Pirlo, Chiellini, Marchisio, Vucinic. Ma questa è la squadra a cui possono essere orgogliosi di appartenere, ma non è la “loro” squadra. Questa è la Juve di Conte.
Un uomo che ricorderà l’anno potenzialmente più maledetto dal punto personale come l’attuale apice di una carriera, che è facile prevedere ancora lunghissima e zeppa di soddisfazioni. Un anno solare che ha riportato la Juventus al ruolo che le compete in italia e in Europa, a colpi di vittorie e record. Un anno a cui di più, francamente, non si poteva chiedere.
Quindi, bambini, studiate e ripetete a memoria la formazione, vi servirà. Ma non dimenticate il titolo di questa dolce poesia: “La Juve di Conte”.
In attesa, naturalmente, del 2013, dove si farà un altro passo verso quella quota che ci permetterà di incidere la terza stella non solo sul campo, ma anche sulla corteccia d’Abete.
Buone Feste a tutti, bianconeri e non.

martedì 11 dicembre 2012

Scordati il passato, Mister, che c'è ancora da lavorare

Il prode Leo Bonucci cade sotto i colpi di un cecchino appostato fuori dello stadio Renzo Barbera
Ricomincia la storia esattamente da come era iniziata: da un gol di Lichtsteiner. Come l'11 settembre 2011 è stato lo svizzero a segnare il primo gol in stagione. Quella di Antonio Conte, s'intende, il nostro “quasi” Special One.

Molte ironie si stanno sprecando su questa affermazione del Mister bianconero, che evidentemente non riesce a essere capito da tutti. Da noi sì. Come ha gestito l’iniqua squalifica è stato oggettivamente speciale. Il consiglio, tuttavia, è di gettare alle spalle il passato ora che ha ritrovato la Juve vincente quasi come l’aveva lasciata. Ha perduto l’imbattibilità (e proprio contro le milanesi), ma è ancora saldamente in testa ed è negli ottavi di finale.

Insomma, chiuso nel suo silenzio, non ha dovuto neppure rispondere al cantilenante quesito: “Come gestirà il doppio impegno campionato coppa?”. Risposta, come sempre, data sul campo.

Tuttavia da Palermo (dove gioca una delle tre squadre più scarse del campionato) si torna con il rinnovato senso di incompiutezza che dà il creare una valanga di occasioni per concretarne una sola, lasciando in bilico un risultato che andava chiuso e strachiuso molto prima. Invece s’è preferito prendere a pallonate Ujkani, il secondo tramortito davanti alla porta palermitana, oltre a Bonucci, colto da spettacolari vertigini date dall’essere solo nell’area diversa dalla propria. Uno svenimento con ampi tocchi d’artistico, quasi marinettiani.

Se si dovesse ripetere il refrain dello scorso anno, quando per segnarne uno dovevamo crearne dieci, stavolta si rischia di più, perché la gestione delle energie è davvero esiziale. E lo sarà assai di più da febbraio, quando la Champions entra nel vivo e non è più concesso nulla. Mettersi presto al ripario da sorprese contro le più abbordabili (vogliamo usare la giusta definizione? Scarse) del campionato sarà fondamentale anche per la coppa.

Conte ha quasi tre mesi per lavorarci. Marotta molti di meno.  

mercoledì 5 dicembre 2012

Grazie, ragazzi. Ora siete grandi davvero



Il Chelsea campione d'Europa, e potenziale prossimo campione del mondo, sta dietro e non per differenza reti, ma perché la Juve ha vinto con tutti e perso con nessuno, in uno dei gironi più difficili del torneo.

E Antonio Conte (quanto ci è mancato!) ritrova i suoi campioni in testa al campionato e agli ottavi di finale di Champions, qualificati da primi. La sua squalifica può già dimenticarla. Ma l'impresa di Donetsk manifesta comunque forte la sua impronta. Una squadra che ha come obiettivo di classifica il non prenderle e tuttavia fa la partita, senza sosta, è una grande squadra.

La dimensione mentale della Juve è alla pari delle grandi del continente. I dubbi di settembre in tre mesi sono stati fugati. Se da Copenaghen si era tornati con qualche tarlo, dall'Ucraina si torna con la consapevolezza che questa Juve, che ha ancora margini di crescita, può vincere contro chiunque. E spalanca un altro interrogativo: dove può arrivare?

Una vittoria che fa bene anche all'onore, troppo presto messo in dubbio da gufi e malpensanti. Che se il biscotto lo fanno gli scandinavi son pacche sulle spalle e risolini, se lo fanno i latini son farabutti. Se lo fa la Juventus si scatena l'inferno. Ma la Juventus non lo fa: gioca per vincere dal primo all'ultimo minuto contro uno Shakhtar che mai era sembrato così normale. (E invece è una grande squadra, lo sappiamo tutti, anche se a primavera si squaglierà al sole del mercato di gennaio e dopo una sosta oltremodo lunga: beato chi lo sorteggerà).

Non è serata da pagelle. Meritano tutti applausi per una vittoria molto corale. E qui dovrebbe tornare il nome di Conte. Che, finalmente, torna anche in panchina. Grazie, ragazzi, ma è l'ultima volta che vi chiamo così: ora siete diventati grandi. Uomini veri.