lunedì 26 novembre 2012

Al Meazza non si può salvare nulla


Una sconfitta talmente meritata che non fa neppure male. Per decretarla ci voleva la peggior Juve dell'era Conte e il miglior Milan dell'anno. Ora al management in panchina tocca una seria analisi della situazione e molta analisi di coscienza.

Lo scorso anno, nonostante alcune fasi di pareggite, negli scontri diretti si vinceva sempre. Quest'anno con le milanesi, Lazio e Fiorentina abbiamo racimolato la miseria di due punti. Che cosa sta succedendo? Le coppe, si dirà. Il che ha un suo fondamento, visto che nell'intorno delle partite di Champions la Juve ha quasi sempre faticato: a Genova prima dell'andata col Chelsea, a Catania dopo la trasferta danese, con l'Inter prima del ritorno col Nordjelland e ieri dopo il trionfo coi Blues. Due sconfitte e due vittorie molto dure contro squadre abbordabilissime. Perciò occhio al derby, quattro gioirni prima della decisiva trasferta ucraina.

Ma bastano queste coincidenze per spiegare la pessima figura di San Siro? Sinceramente, e purtroppo, penso di no. Innanzi tutto, serve un bagno di umiltà. Quest'anno non s'è vinto ancora nulla, ma stiamo già volando troppo alto. L'assenza di Conte, quello che ha passato tutta la stagione scorsa a ricordare da dove si arrivava, si sente eccome.

Come si sente in panchina. Al Meazza Alessio sembrava una statua di sale. L'unico di 14 milioni di juventini che avrebbero mangiato la faccia a Isla e Vidal. Due che non avrebbero dovuto arrivare alla mezzora. Soprattutto il primo, visto che in panchina c'erano Pepe, Giaccherini e Lichtsteiner.

Turnover è una parola da orticaria, ma se uno gioca al dieci per cento delle sue possibilità deve starsene in panchina. Senza contare che non è prescrizione di legge giocare con la difesa a tre. Se ti bucano sistematicamente sulla fascia destra, piazzi un tosto 4-4-2 (subito fuori Isla, dentro De Ceglie sulla sinistra e Caceres sulla destra) e vedi che di lì non passano più. E perché invece, in una partita così, è stato preferito Padoin, uno che fino ad allora aveva giocato 46 minuti in tutto?

Niente. Non si salva niente in questa uggiosa notte milanese. Speriamo solo che serva da lezione.

P.S.: Senza il rigore inventato la Juve non avrebbe mai perso. Ciò si può dire senza dover cambiare sfondo al cellulare.

mercoledì 21 novembre 2012

We are back!



We are back! La Juve è tornata anche in Europa. Il collega della BBC, dopo aver visto srotolare lo striscione della curva “Dopo l'Italia prediamoci l'Europa”, a fine partita ha ammesso di aver capito perché il popolo juventino è tanto fiducioso.

Il Chelsea campione continentale è stato messo sotto da tutti i punti di vista. Una superiorità vista in campionato tante volte, ma in Europa sono molti, moltissimi anni che non ricordo una Juve così. Per similitudine mi balza alla memoria la partita al Villa Park del 2 marzo 1983 contro l'Aston Villa detentore della Coppa dei Campioni (1-2, Paolo Rossi al 1' pt; Cowans (al 9', Boniek al 37' st). O l'indimenticabile Juve – Real del 14 maggio 2003 (3-1, Trézéguet al 12', Del Piero al 43' pt; Nedvěd al 28', Zidane al 44' st).

Non fate proporzioni ingenerose. Perché anche se a un certo punto quelli con la maglia blu sembravano il Chievo, in realtà erano i Campioni d'Europa, che fra qualche settimana andranno in Giappone a disputare il Mondiale per club. Certo mancavano Lampard e John Terry e l'estate gli ha portato via Didier Drogba, ma il peso specifico rimane lo stesso: troppa Juve, quasi niente Blues.

Quanta fame, in campo. Bulimia. Lichtsteiner, Vicinic e Qugliarella che si mandano in continuazione a quel paese durante una partita perfetta è lo specchio di una squadra incapac di accontentarsi. Di una squadra che può andar lontano davvero. Quanto? Chiederselo oggi è prematuro e persino controproducente. La qualificazione non è ancora matematica e fa bene Alessio a tenere tutti con i piedi per terra: perdendo a Donetsk si può addirittura finire in Europa League.

Inoltre, i giochi veri si fanno da febbraio in poi e, talvolta, essere troppo belli a novembre è un boomerang. Tuttavia ieri ho avuto la sensazione di assistere a un interruttore che veniva premuto, vedendo una squadra fare click nella testa. La splendida ragazza è diventata un'affascinante signora, consapevole e spavalda.

Inoltre, è stata buttata nel caminetto la carta della critica sul nostro attacco. A novembre, finora, Quagliarella e Giovinco hanno segnato 8 gol. Fabio ha timbrato il nono in 13 partite. Una media gol per minuti da top player. Basta farlo giocare.

P.S.: Menzione d'onore a Giorgio Chiellini, il migliore in campo, che attendeva questa serata dal 10 marzo 2009, quando proprio contro il Chelsea patì l'eliminazione e, soprattutto, l'espulsione per doppia ammonizione. Un senso di colpa che si portava dietro da tre anni e mezzo. E che oggi può dimenticare.

domenica 18 novembre 2012

Se



Se la quinta in classifica viene allo Stadium avendo come unica tattica il non superare la metà campo.

Se la seconda e la terza giocano dopo, sapendo che la prima ha pareggiato.

Se nonostante questo la seconda e la terza giocano in casa e non vincono.

Se dopo Juve-Lazio e Inter-Cagliari l'unico elemento di analisi è il rigore non dato a Ranocchia.

Se dopo aver ampiamente meritato di perdere l'Inter fa silenzio stampa.

Se dopo aver tirato ventun volte verso Marchetti torna il tema del top player in attacco.

Dopo questo e altro tanto vale concentrarsi fin da subito sul Chelsea.


domenica 11 novembre 2012

La coppia perfetta

Non male come risposta a chi si chiedeva come avrebbe reagito la Juve alla sconfitta con l'Inter. Dieci gol in due partite, anzi una e mezza, visto che a Pescara si è giocato per soli 45 minuti. Negli ultimi quindici anni soltanto l'Udinese era riuscita a segnare cinque gol nel primo tempo.

Dopo una tripletta e una prestazione col punto esclamativo ora Quagliarella scala le gerarchie dell'attacco. Che potesse essere lui l'uomo della svolta lo si era intuito anche prima della rottura del crociato del gennaio 2011. Da infortuni così si fa molta fatica a reagire. Ora che il tempo gli è complice, cominciamo a rivedere quel pazzo bomber capace di inventarsi rovesciate da copertina dell'album di figurine.

Tuttavia, Quagliarella è davvero genio e sregolatezza e, per una partita da tre gol e due assist, è capace di infilarne un paio da fantasma. Anche quest'anno, tanto per fare un esempio, dopo il gol al Chelsea e la doppietta al Chievo a Firenze e con il Napoli non s'è neanche visto.

Il suo tallone d'Achille è la continuità. Qualora dovesse trovarla, Marotta e Paratici potrebbero infilarsi sotto il piumone e svegliarsi tranquilli a fine stagione.

Non si può neanche dire che il suo rendimento cambi al cambiare socio in attacco, perché se ieri ne ha fatti tre con Giovinco (più quello di Seba, quattro), due ne ha fatti con Vucinic al Chievo, mentre in coppia con Seba hanno rimediato la magra figura di Firenze e con il Napoli. Ecco, forse varrebbe la pena vederlo più spesso con Mirko per capire l'effetto che fa. Magari contro squadre più probanti del Pescara, il più serio candidato alla B di questo campionato.

Matri, intanto, merita di ricostruirsi mentalmente, anche se ho la viva paura che ormai la stabilità psicologica del giocatore sia compromessa. Non a caso le voci su una prossima cessione a gennaio mi paiono sempre più attendibili. Personalmente mi dispiace molto. E Bendtner? Lasciamo perdere, va' là.

giovedì 8 novembre 2012

Il gol di Moses? meglio così


Ieri notte mi sono ritrovato in ascensore con un Chiellini raggiante: «Ci bastano quattro punti in due partite». Bravo, Chiello, chi se ne frega del gol di Moses. La Juve non deve guardare in casa altrui. Allo Stadium si scende in campo per vincere, sempre e comunque. D'altra parte, lo scoglio serio non sono i campioni d'Europa, che non potranno fare conto sempre sulla ormai proverbiale fortuna di Di Matteo.

Personalmente, mi fa più paura la tana di Donetsk. Più facile fare i tre punti coi Blues, che il pareggio in ucraina. Tuttavia, quel pareggio acciuffato dal Chelsea ci sbatte in faccia le nostre responsabilità, e non lo vivo come un male.

La Juve deve tornare a pensare in grande. Chi pensa in piccolo muore ancora più piccolo. Fare conti e conticini, sperando in una vittoria dello Shakthar a Stamford Bridge, era già a votarsi a una promozione da secondi. Ma poi agli ottavi? Sarebbe stato votarsi a un sorteggio potenzialmente mortale. Bene, perciò avere in mano il destino del primo posto. Ora ce la giochiamo in prima persona, senza dover puntare il satellite verso campi stranieri.

Certo, aver visto di che pasta sono davvero questi danesoni acuisce il rimorso per la partita di Copenaghen. Ma lasciamo stare e guardiamo avanti, come hanno saputo fare i bianconeri dopo la sconfitta con l'Inter. Il bicchiere europeo non è mezzo pieno: è colmo.

domenica 4 novembre 2012

Contro i raglianti il Creatore inventò il calcio

 
Il Creatore (qualsiasi sia il credo o la religione), nell'alto dei suoi pensieri, deve aver a lungo progettato un metodo per mondare o almeno arginare il male terreno. Poi, finalmente, ha trovato il calcio dove gli animi più abbietti hanno potuto trovare soddisfazione.

Io sono grato a questo pensiero. Ieri leggendo gli insulti che mi sono stati vomitati addosso via Twitter (@simonestenti) durante e soprattutto dopo la partita da pensatori raglianti ho provato riconoscenza per quel raffinato progetto divino. Perché contenuti, grammatica e toni, in ben altri contesti, sono da violenze razziali, guerre tribali, conflitti di religione. Kapo fieri della loro missione.

Non c'è dialogo, non c'è confronto, solo l'annientamento dell'avversario. La leale ammissione della legittimità della vittoria altrui viene interpretata come momento di debolezza su cui infierire. Sangue per lo squalo che segue solo l'istinto, quello sì, di sopravvivenza.

Verificando tanta piccineria umana ho sentito colmo il cuore di gratitudine per un veicolo così innocuo come il calcio. Tutta quell'incapacità di ragionare, di argomentare, di trattare è un bene che sia tenuta sotto controllo e ogni insulto che mi prendo è una miccia disinnescata. Pensate alla supremazia della specie calcistica, orchi della grammatica nascosti dietro un nickname, perché guai se cominciate a capire che i bersagli di una vita vuota possono essere altrove, senza magliette a strisce o fischietti in bocca.

E ora sfogatevi, vi regalo un assist: l'Inter ha meritato di vincere.

venerdì 2 novembre 2012

Grazie a Pogba, Pirlo fantasista

E così, dopo il Napoli, ci ritroviamo a giocare un altro big match. Stavolta con l'Inter. È il segno che dietro c'è un turbine e l'unico punto fermo è la Juve. Che, tra l'altro, sta tenendo un ritmo che mai nessuno nella storia ha mai tenuto: 28 punti su 30.

La Juventus porta così a 49 le giornate utili consecutive in campionato (-9 dal record storico del Milan di Capello dei primi anni novanta), ha il miglior attacco del torneo (22 gol segnati, come la Roma), la miglior difesa (5 reti al passivo), ha mandato in gol 12 giocatori finora in dieci turni di campionato.

Tuttavia qualcuno scrive e dice che allo scontro diretto l'Inter arriva più in forma. Da dopo l'asfaltata alla Roma io stesso sostengo che la Juve stia vivendo un periodo di appannamento (il che è paradossale: superare una crisetta fisiologica a punteggio pieno è il quadro di una forza impressionante; dove può arrivare quando la supererà?). Ciò detto seguo l'Inter con l'attenzione imposta a un milanese e non ho ancora capito quale gioco le stia regalando la conduzione Stramaccioni.

È una squadra quadrata, che subisce poco, soprattutto fuori casa dove ha una striscia interessante di otto successi consecutivi, considerando anche l'Europa League. E lontano da San Siro in campionato hanno subito un solo gol, a Bologna. Però quando deve fare gioco fatica, spesso va sotto e, come insegnano Roma e Siena, perde pure male.

Conte e il suo team devono perciò evitare di far fare all'Inter quello che le riesce meglio: mollare il pallino all'avversario e ripartire in contropiede. Non sarà facile, perché la Juve ha l'aggresione nel Dna, ma guai a lasciare a Milito e, soprattutto, a Palacio gli spazi in cui amano sguazzare.

Se tutto andrà come deve (e come credo) sabato sera il solco sulla seconda potrebbe essere un cratere lunare. Abbiamo in mano il set-ball (non dico il match-ball solo perché non siamo nemmeno a un terzo del campionato): non sprecarlo vorrebbe dire dare una gran mazzata psicologica a tutto il campionato.

Capitolo a parte merita un discorso su Pogba. Finalmente il mondo calcistico italiano ha scoperto di che pasta è fatto e ora sarà dura (e masochistico) lasciarlo in panchina. Col Bologna per qualche minuto abbiamo visto un inedito 3-4-1-2. Un ritorno al trequartista dove però si è ritrovato Giaccherini.

Se al posto suo ci andasse Pirlo potremmo tornare a parlare di fantasista. Solo un sogno? Forse. Ma un centrocampo formato da Vidal, Marchisio, Pogba e davanti Pirlo mi fa innamorare.