In Bundesliga il Bayern ha 20 punti di vantaggio sul
Borussia, in Premier League lo United domina con un +15 sul City, in Spagna il
Barcellona è avanti di 10 sul Real, in Ligue1 il Psg ha quattro punti di
vantaggio e una partita in meno rispetto al Lione. In Italia sappiamo.
Qualcosa non quadra. Siamo a metà marzo e i più importanti
campionati continentali sono tutti virtualmente chiusi. Negli anni Novanta le
14 squadre più influenti d’Europa stavano progettando una Superliga in
contrasto con la Uefa. Idea che politicamente non poteva che naufragare.
Tuttavia quello che si sta stagliando all’orizzonte è, di
fatto, proprio un torneo d’elite. Se guardiamo le squadre citate, le prime e le
seconde (tranquilli: in Italia presto lo sarà il Milan), sono tutte quelle che
hanno partecipato alla Champions e, salvo il City, quelle che sono arrivate
alla fase a eliminazione diretta.
È l’inevitabile conseguenza della spartizione dei diritti
Champions che arricchisce sempre di più le squadre più forti e allarga una
forbice alla lunga incolmabile con le altre, creando tornei noiosi, ma quel che
più conta inappetibili dal punto di vista commerciale.
Questo porterà
necessariamente a un ripensamento su scala continentale dell’organizzazione dei
campionati, che così come sono rischiano di essere fuori dal tempo.
La Juventus è stata brava a reinserirsi in questo circolo,
ma farlo non è affatto semplice e, infatti, i nomi che circolano sono sempre
più ristretti. Bisogna dire che c’è riuscita anche grazie all’insipienza dell’Inter
che in soli tre anni ha sperperato il patrimonio della vittoria della Champions.
Ma senza qualche harakiri, non c’è modo di accedere al cerchio magico.
Chi è
avanti lo sarà sempre di più, basta che amministri coscienziosamente le immani
risorse che derivano dalla Champions. Si calcola che soltanto per l’accesso ai
quarti di finale la Juve metterà a bilancio 70 milioni in più. Ovvero, il famoso
top player. E tanti saluti ai vari Napoli d’Europa che non potranno mai e poi
mai mantenere i loro Cavani.
Soltanto Platini può invertire questo inarrestabile flusso
riuscendo a imporre la sua visione di Champions all’antica: ovvero un torneo
solo tra campioni nazionali. La ridistribuzione delle ricchezze sarebbe perciò
più armonica. Democratica non ancora e forse mai, ma almeno vedremmo giocare
per il primo posto qualche settimana in più.
E il fair play finanziario non potrebbe in alcun modo ridurre questo divario?
RispondiElimina1) Mi sembra casuale che i maggiori campionati nazionali europei con più appeal (escluso ormai il nostro, macerato da polemiche, ragli e scarso valore tecnico) abbiano questi distacchi netti in classifica delle squadre capoliste. In Spagna poi, non fa molto testo, perchè sono sempre le due solite squadre che si spartiscono la torta, al di là del distacco.
RispondiElimina2) Rinforzare la Champions League, rendendola campionato super, e depauperare i tornei nazionali è una buona mossa per incassi, bilanci e diritti televisivi per i 'soliti' grandi club ma auspico, nella realtà, che ci sarà sempre un grosso veto delle leghe nazionali (soprattutto in casa nostra).
3) Al contrario, ridurre il numero dei partecipanti alla Champions, dandone il diritto solo ai vincitori dei tornei nazionali, sarebbe forse la mossa più congeniale di compromesso, più che altro per snellire o semplificare (con qualche partita in meno da giocare e più allenamenti per... giocare meglio) i calendari, già atrofizzati e soffocati in maniera sconsiderata e assurda da: amichevoli nazionali, qualificazioni nazionali, coppette nazionali varie, ecc. ecc.
La mafia FIFA/UEFA vs la mafia nazionale in Lega/Federazione.
Caro Simone, a me sembra che la cosa quadri benissimo, nel senso che ci sono dei dati di fatto e delle ragioni precise che spiegano questi dati di fatto, ragioni che hai elencato tu stesso.
RispondiEliminaOrmai da anni nei principali campionati vincono sempre le stesse squadre, con eccezioni sempre piu' rare. In Italia il discorso é ridotto a Juve e Milan: l'Inter ha goduto di una parentesi non ripetibile dovuta a Farsopoli e all'era fantasia, e una volta esaurito l'effetto é tornata nei ranghi della mediocrità che le compete. In Germania c'é il Bayern, dietro alla quale si affollano le altre, con il Borussia che al momento é cresciuto. In Spagna dietro a Barcellona e Real c'é il vuoto. In Inghilterra c'é il ManU, ed é l'unico paese ad avere un discreto numero di comprimari di ottimo livello (Chelsea, ManCity, Arsenal).
Io sono sempre stato favorevole a transformare la Champions in una vera Superlega europea. Le leghe nazionali dovrebbero fornire i ricambi a questa superlega (tipo: il vincitore della Lega nazionale entra per uno o due anni a far parte della superlega, oppure si utilizza un sistema a punteggio che tenga conto delle prestazioni negli ultimi tot anni). Questo manterrebbe vivo l'interesse delle leghe nazionali ma finalmente ci darebbe una competizione di livello elevato e ci toglierebbe da questa mediocrità generalizzata dei campionati nazionali. DI sicuro, che si vada in questo senso (diffilie, troppi interessi di bottega) o che si resti al sistema attuale, vanno snelliti i campionati nazionali. Un campionato a 16 squadre basta e avanza, 20 sono troppe se si considera il divario tra piccole e grandi.
Ma scusi Stenti, ma la sua analisi non mi convince.
RispondiEliminaDi sicuro i compensi Champions non aiutano l'equilibrio dei campionati e tuttavia:
1) La Juve domina avendo costruito l'ossatura della squadra l'anno scorso, in cui non era nemmeno iscritta alle coppe. Non l'ha certo costruita con i proventi della champions. E in Italia ora domina pur senza l'agognato top player (molto più utile in CL) su squadre come Milan e Inter che hanno ricevuto negli ultimi anni molti ma molti più proventi Champions della juve. La realtà è che la Juve ha costruito bene e ha affidato la squadra a un certo Antonio Conte mentre milan e inter hanno dovuto frenare bruscamente sul monte ingaggi, indebolendosi vistosamente, nonostante i proventi champions.
2)In Inghilterra Chelsea, Arsenal e City, Liverpool di proventi champions ne hanno benficiato copiosamente per diversi anni eppure stanno lontanissimi dal primato. Il Tottenham ne ha beneficiato assai meno ed è terzo.
3) In Spagna il Real è lontano ma l'anno scorso i ruoli erano invertiti con più o meno lo stesso distacco. E l'abissale divario di Real e Barca su tutto il resto della comitiva non è certo iniziato con la CL.
4) Se proprio si vuole democrazia, si potrebbero eliminare (o consistentemente ridurre) i proventi Champions indipendentemente dal formato della competizione.
Cordialmente,
Claudio Milan
Ciao, Claudio. Alla 1 e alla 4 ho già risposto nel pezzo: senza il suicidio dell'Inter la Juve avrebbe fatto molta fatica a rientrare nell'elite europea. Eliminare i proventi Champions è improponibile (e ingiusto), ma rivedere la formula sì. Alla 2 faccio notare che il City è secondo e il Chelsea terzo. Sulla 3 poco da aggiungere, ormai la Liga è un campionato morto.
EliminaCaro Simone,
RispondiEliminapeccato perché in Italia, rispetto ad altri campionati europei, probabilmente potremmo avere un campionato più competitivo dato che Roma e Napoli hanno un bacino d'utenza di tutto rispetto con 3 milioni di tifosi circa a testa.
Certo la soluzione di Platini di abolire l'Europa League ed allargare la Champions dal 2015 a 64 squadre con le migliori nazioni del Ranking UEFA che potrebbero (difficilmente andrà in porto) presentare le prime 5 del campionato più la sesta che viene fuori dalla vincente della coppa nazionale mi sembra una follia, non esiste che la quinta classificata vada in Champions nè tanto meno la vincente della Coppa Italia (che gioca praticamente 5 partite con ottavi secchi, quarti secchi, semifinali a/r e finale). Basterebbe arrivare con fortuna in finale di Coppa Italia e senza vincerla accedere alla Champions se la vincente fosse nelle prime 5 posizioni del campionato. E' assurdo!
Piuttosto riformerei la Champions e farei le prime 3 per i primi 10 Campionati del Ranking con il preliminare per la terza a patto che queste 10 terze si incontrino tra di loro (così ne verrebbero eliminate 5)!
Abolire l'Europa League non mi sembra giusto ma inserendo le quarte, le quinte e le terze che perdono il preliminare penso che la competizione avrebbe un senso, magari alzando anche le quote dei premi dato che ora la vincente dell'Europa League vince solo 9,9 milioni (senza market pool) rispetto ai 70 che potrebbe guadagnare la vincente Champions compreso il market pool.
Inoltre proporrei, per la squadra vincente dell'Europa League, il diritto di partecipare alla Champions League per l'anno successivo (anche se non arrivasse nelle prime 3 posizioni del campionato).
Cosa ne pensi Simone?
Saluti!
Dario da Milano
Pensate davvero che questa "polarizzazione" dei valori all'interno dei singoli campionati nazionali possa durare nel medio/lungo periodo? Moltissime squadre, Manchester United in primis, sono oberate di debiti e non è detto che le proprietà saranno sempre in grado ripianarli. Non so, ho l'impressione che molto dipenderà dalle capacità economiche dei singoli proprietari. In fondo, in questo senso il caso dell'Inter è emblematico: la Saras, la società di famiglia dei Moratti, non distribuisce dividendi agli azionisti da anni. Lo stesso Abramovich ha investito meno nelle ultime stagioni, e - fatta eccezione per colossi come il Real e il Barcellona - i destini delle singole società saranno forse sempre più legati alle tendenze economiche generali. Questo, più del fairplay finanziario, mi pare abbia un peso decisivo nel destino del calcio europeo.
RispondiEliminaPer me si confonde la causa con l'effetto: a parte qualche eccezione destinata prima o poi a scomparire le squadre al top in Europa sono quelle dotate di un serio progetto aziendale. Pensateci: se ogni squadra ha diritto a un voto nella propria lega e, indirettamente, nell'elezione del presidente uefa, perchè non esistono ancora norme che controllino la regolarità dei bilanci? Perchè sarebbe un massacro, ecco perchè: Juve, Udinese e forse altre due o tre squadre se la caverebbero. In sostanza, le uniche che hanno una dimensione adeguata al proprio mercato di riferimento.
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