Il rispetto dell’avversario non può passare sopra ai principi
sportivi, ai valori, alla base della tenzone agonistica. La
competitività nello sport è tutto e se una squadra è mal
attrezzata, mal disposta e pessimamente assemblata non lo si deve
sottacere in nome di chissà quale etica cavalleresca.
Questo Genoa è
indegno della serie A. E se si salverà a fine anno è perché il
torneo a 20 squadre sta definitivamente mostrando la corda, esibendo
contemporaneamente cinque o sei squadre che soltanto fino a qualche
anno fa non sarebbero mai state ammesse alla massima competizione
nazionale. È il triste risultato della crisi economica ma anche di
una miope programmazione del sistema calcio italiano.
Il discorso ci
porterebbe troppo lontano, tuttavia riesce più facile parlare
dell’incapacità dei Grifoni di esprimere anche il gioco più
elementare, piuttosto che celebrare la ritrovata compattezza della
Juve. Che pure c’è stata, dando seguito alla confortante partita
di Madrid (ah, che ridere, dopo il Clasico di sabato CR7 piange e si
lamenta degli arbitri. Che buffo, eh?).
Sarà un caso, ma se cresce
Vidal cresce tutta la squadra, il gioco diventa più arrembante, gli
schemi trovano fluidità. Anche Llorente ha fatto la sua parte,
confermando che col suo arrivo la rosa s’è rinforzata, altroché.
Continuando a spigolare sui singoli, oltre a un monumentale Pirlo e a
un inutile Buffon (avessi giocato io in porta avremmo vinto lo
stesso), una citazione a parte la meritano Bonucci e Pogba.
Il
difensore ha concentrato in 90 minuti tutti i difetti di inizio
avventura juventina. Svagato, pasticcione, persino un po’ piacione.
Troppi palloni sprecati e disattenzioni potenzialmente pericolose.
Merita un paio di partite di riposo per tornare nella massima forma
quando servirà davvero, cioè nelle ravvicinatissime sfide con
Napoli e Real.
Ancora più innamorato di se stesso è Pogba. Che poi,
siamo d’accordo, anche noi stiamo prendendo una brutta cotta nei
suoi confronti, ma soltanto l’età lo giustifica quando tenta certi
ghirigori. Compito del mister fargli capire che i campioni fanno i
numeri, ma i fuoriclasse li fanno solo quando servono.
In ogni caso,
commentare una sfida quando l’avversario esulta se supera la metà
campo è un esercizio di stile sterile. Temo lo sarà anche la sfida
infrasettimanale col Catania. Se però gli organi istituzionali non
interverranno, dovremo abituarci a commentare sempre più di
frequente l’incommentabile.
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