Łukasz Merda, portiere del Klub Sportowy Cracovia |
giovedì 28 luglio 2011
Consideriamolo un modo per farci gli auguri
martedì 19 luglio 2011
Allarme o all'armi?
C'è un luogo comune, messo in giro da chissà quale buontempone, per cui “nel calcio la politica non deve entrare”. Cioè, qui si gioca e si fa sport, le cose serie, con tutte le loro sporcizie, devono stare fuori degli stadi. A parte che potremmo stare settimane a disquisire sull'accezione della parola “politica”, ci vuole un bel coraggio a dire che i signori Berlusconi, Agnelli, Moratti, Abete, senza contare le banche e gli istituti di credito, non la facciano. Che non esercitino potere. Che non giochino partite diverse dal calcio. Che non lo facciano sulla pelle di milioni di tifosi.
Come gran parte del vivere civile, anche il sistema football si basa sulla politica. Fin troppo banale, nonostante faccia comodo pensare che lo sport viva in una bolla di sapone profumato. Direi piuttosto che mai come in questo periodo balzi all'occhio come il governo del calcio sia lo specchio del Paese.
Nel solito, infinito editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica di domenica 17 luglio, s'annidano un paio di righe insinuanti: “Per uscire dallo stallo è necessario un più vasto concorso di popolo e di istituzioni, ciascuna nell’ambito della propria competenza. La classe dirigente, le forze sociali, la società civile sono chiamate a dare un fondamentale contributo”.Che tipo di contributo?
Il deputato e giornalista Paolo Guzzanti, osservatore ondivago che da ultimo traccheggia verso lidi del tutto opposti, l'ha individuato ai microfoni della Zanzara, su Radio24: “È un incitamento all'insurrezione”. Detto senza intonazioni scandalizzate, piuttosto con presa d'atto, quasi inevitabile. Pareva persino condividere la proposta. La sedizione come proposta bipartisan.
D'altronde, se un governo non sa prendere neppure la decisione di andarsene, i rischi che si corrono sono ben conosciuti al di là del Mediterraneo. Non siamo il Maghreb e questa è l'unica consolazione.
Però l'inquietudine striscia. Persino Gian Antonio Stella scrive sul Corriere (non su Lotta Continua!) del 18 luglio: “L'impressione netta è che, mentre chiedono ai cittadini di mettersi «una mano sul cuore e una sul portafoglio», per usare un antico appello di Giuliano Amato riproposto da chi aveva seminato l'illusione di non mettere mai le mani nelle tasche degli italiani, quelli che Giulio Einaudi chiamava «i Padreterni», non si rendano conto che il rifiuto di associarsi a questi sacrifici rischia di dar fuoco a una polveriera”.
È vero, un governo che non governa è miccia per polvere pirica. Il calcio, che – va ribadito - è politica, viaggia sugli stessi binari. Non può il presidente della Federazione dichiararsi incompetente a decidere sullo scudetto, cioè il massimo momento dello sport che rappresenta. È come se il Governo si dichiarasse incompetente a varare la Finanziaria. Incapace è un conto, incompetente mai. E qualora lo ammettesse: valigie immediate.
Invece, il governo del calcio è lì, stabile, con un Presidente che dal 1996 balza dalla sedia di vice a quella di titolare, senza perdere un colpo. Nel 2006, era il vice di Franco Carraro e ha resistito imperterrito anche allo tsunami di Calciopoli: non ha nemmeno dovuto riciclarsi alla Federsci.
Se si vuole evitare una rivoluzione da stadio, bisogna intervenire al volo. Dall'alto, dal basso, da dove volete: ma un movimento così ampio e che smuove sentimenti tanto viscerali ha bisogno di una guida ferma, autorevole e riconosciuta. Questo consiglio federale è quanto di più lontano. È un consiglio incompetente. La soluzione per salvare il nostro calcio non passa più dai tribunali: è, guarda caso, l'ennesima questione politica.
Come gran parte del vivere civile, anche il sistema football si basa sulla politica. Fin troppo banale, nonostante faccia comodo pensare che lo sport viva in una bolla di sapone profumato. Direi piuttosto che mai come in questo periodo balzi all'occhio come il governo del calcio sia lo specchio del Paese.
Nel solito, infinito editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica di domenica 17 luglio, s'annidano un paio di righe insinuanti: “Per uscire dallo stallo è necessario un più vasto concorso di popolo e di istituzioni, ciascuna nell’ambito della propria competenza. La classe dirigente, le forze sociali, la società civile sono chiamate a dare un fondamentale contributo”.Che tipo di contributo?
Il deputato e giornalista Paolo Guzzanti, osservatore ondivago che da ultimo traccheggia verso lidi del tutto opposti, l'ha individuato ai microfoni della Zanzara, su Radio24: “È un incitamento all'insurrezione”. Detto senza intonazioni scandalizzate, piuttosto con presa d'atto, quasi inevitabile. Pareva persino condividere la proposta. La sedizione come proposta bipartisan.
D'altronde, se un governo non sa prendere neppure la decisione di andarsene, i rischi che si corrono sono ben conosciuti al di là del Mediterraneo. Non siamo il Maghreb e questa è l'unica consolazione.
Però l'inquietudine striscia. Persino Gian Antonio Stella scrive sul Corriere (non su Lotta Continua!) del 18 luglio: “L'impressione netta è che, mentre chiedono ai cittadini di mettersi «una mano sul cuore e una sul portafoglio», per usare un antico appello di Giuliano Amato riproposto da chi aveva seminato l'illusione di non mettere mai le mani nelle tasche degli italiani, quelli che Giulio Einaudi chiamava «i Padreterni», non si rendano conto che il rifiuto di associarsi a questi sacrifici rischia di dar fuoco a una polveriera”.
È vero, un governo che non governa è miccia per polvere pirica. Il calcio, che – va ribadito - è politica, viaggia sugli stessi binari. Non può il presidente della Federazione dichiararsi incompetente a decidere sullo scudetto, cioè il massimo momento dello sport che rappresenta. È come se il Governo si dichiarasse incompetente a varare la Finanziaria. Incapace è un conto, incompetente mai. E qualora lo ammettesse: valigie immediate.
Invece, il governo del calcio è lì, stabile, con un Presidente che dal 1996 balza dalla sedia di vice a quella di titolare, senza perdere un colpo. Nel 2006, era il vice di Franco Carraro e ha resistito imperterrito anche allo tsunami di Calciopoli: non ha nemmeno dovuto riciclarsi alla Federsci.
Se si vuole evitare una rivoluzione da stadio, bisogna intervenire al volo. Dall'alto, dal basso, da dove volete: ma un movimento così ampio e che smuove sentimenti tanto viscerali ha bisogno di una guida ferma, autorevole e riconosciuta. Questo consiglio federale è quanto di più lontano. È un consiglio incompetente. La soluzione per salvare il nostro calcio non passa più dai tribunali: è, guarda caso, l'ennesima questione politica.
lunedì 4 luglio 2011
E d'un tratto s'è cartonato un gran bel pezzo di bacheca
Leggendo le motivazioni del procuratore federale Palazzi l'Inter può esultare: se le intercettazioni telefoniche fossero saltate fuori nel 2006, i nerazzurri sarebbero stati puniti come e più di Milan, Lazio e Fiorentina (non tocco la Juve per pudore e conflitto di miei interessi).
Perciò, con quella che può tranquillamente essere ascritta come frode nei confronti dell'ingenuità dei suoi tifosi, l'Inter, indossando la spilla "Io vinco pulito" sul frac bianco, ha rastrellato il celebre scudetto cartonato 2006 come mancia, ma soprattutto il bottino vero: un filotto di altri quattro scudetti, la Champions e il Mondiale per club, più coppette Italia varie. Il furto del secolo, non c'è che dire.
Se le parole sono pietre, come sosteneva Primo Levi, quelle di Palazzi sono sassate all'altarino nerazzurro, quello costruito sulla sedicente superiorità morale. Come già ebbi a scrivere, citando il grande Beck, “Nel calcio il più pulito ci ha la rogna”. Ora vedremo chi saprà grattarsela. Queste sono parole da richiesta di retrocessione, senza il minimo dubbio: "Questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all'art. 1, comma 1, CGS (codice di giustizia sportiva, ndr), anche dell'oggetto protetto dalla norma di cui all'art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.C., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale. Oltre alla responsabilità dei singoli tesserati, ne conseguirebbe, sempre ove non operasse il maturato termine prescrizionale, anche la responsabilità diretta e presunta della società ai sensi dei previgenti artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS".
In un colpo s'è cartonato un bel pezzo di bacheca nerazzurra. So come reagirà Moratti e m'importa poco. L'unica vera curiosità è leggere domani il titolo del giornale che sbraitava contro Moggiopoli.
Perciò, con quella che può tranquillamente essere ascritta come frode nei confronti dell'ingenuità dei suoi tifosi, l'Inter, indossando la spilla "Io vinco pulito" sul frac bianco, ha rastrellato il celebre scudetto cartonato 2006 come mancia, ma soprattutto il bottino vero: un filotto di altri quattro scudetti, la Champions e il Mondiale per club, più coppette Italia varie. Il furto del secolo, non c'è che dire.
Se le parole sono pietre, come sosteneva Primo Levi, quelle di Palazzi sono sassate all'altarino nerazzurro, quello costruito sulla sedicente superiorità morale. Come già ebbi a scrivere, citando il grande Beck, “Nel calcio il più pulito ci ha la rogna”. Ora vedremo chi saprà grattarsela. Queste sono parole da richiesta di retrocessione, senza il minimo dubbio: "Questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all'art. 1, comma 1, CGS (codice di giustizia sportiva, ndr), anche dell'oggetto protetto dalla norma di cui all'art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.C., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale. Oltre alla responsabilità dei singoli tesserati, ne conseguirebbe, sempre ove non operasse il maturato termine prescrizionale, anche la responsabilità diretta e presunta della società ai sensi dei previgenti artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS".
In un colpo s'è cartonato un bel pezzo di bacheca nerazzurra. So come reagirà Moratti e m'importa poco. L'unica vera curiosità è leggere domani il titolo del giornale che sbraitava contro Moggiopoli.
Nient'altro da aggiungere, Vostro Onore
(Adnkronos) - L'Inter ha violato l'articolo dell'illecito sportivo (art. 1 e art. 6 del vecchio Codice di giustizia sportiva). Lo scrive il procuratore federale della Figc, Stefano Palazzi, nelle 72 pagine redatte per illustrare le motivazioni della decisione sull'esposto presentato dalla Juventus per lo scudetto 2005-2005.
La Procura federale ritiene che le condotte messe in atto dai vertici del club nerazzurro, come documentato dalle intercettazioni evidenziate durante il processo penale di Napoli, fossero ''certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale FC, mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale".
Dai documenti ''è emersa l'esistenza di una rete consolidata di rapporti, di natura non regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale, instaurati, in particolare fra i designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto (ma anche, sia pur in forma minore, con altri esponenti del settore arbitrale) ed il Presidente dell'Inter, Giacinto Facchetti''.
''Dalle carte in esame e, in particolare, dalle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica, emerge l'esistenza di una fitta rete di rapporti, stabili e protratti nel tempo'' con l'obiettivo, tra l'altro "di condizionare il settore arbitrale''.
''La suddetta finalità veniva perseguita sostanzialmente attraverso una frequente corrispondenza telefonica fra i soggetti menzionati, alla base della quale vi era un consolidato rapporto di amicizia, come evidenziato dal tenore particolarmente confidenziale delle conversazioni in atti'', afferma la procura.
Secondo la relazione, ''assume una portata decisiva la circostanza che le conversazioni citate intervengono spesso in prossimità delle gare che dovrà disputare l'Inter e che oggetto delle stesse sono proprio gli arbitri e gli assistenti impegnati con tale squadra'', si legge ancora.
''In relazione a tali gare il presidente Facchetti si pone quale interlocutore privilegiato nei confronti dei designatori arbitrali, parlando con essi delle griglie arbitrali delle gare che riguardano la propria squadra nonche' della stessa designazione della terna arbitrale ed interagendo con i designatori nelle procedure che conducono alla stessa individuazione dei nominativi degli arbitri da inserire in griglia e degli assistenti chiamati ad assistere i primi''.
''In alcuni casi -osserva la procura- emerge anche l'assicurazione da parte dell'interlocutore di intervento diretto sul singolo direttore di gara, come rivelato da alcune rassicurazioni che il designatore arbitrale rivolge al proprio interlocutore, in cui si precisa che l'arbitro verra' 'predisposto a svolgere una buona gara' o, con eguale significato, che e' stato 'preparato a svolgere una bella gara'; o ancora, affermazioni del designatore volte a tranquillizzare il presidente Facchetti sulla prestazione dell'arbitro, nel senso che gli avrebbe parlato direttamente lui o che gia' gli aveva parlato''.
''In un caso, addirittura, il designatore arbitrale, nel tentativo di tranquillizzare il proprio interlocutore e sedare le preoccupazioni di quest'ultimo sulle tradizioni negative della propria squadra con un determinato arbitro, afferma che quest'ultimo è stato avvertito e che sicuramente lo score dell'Inter sotto la sua direzione registrerà una vittoria in piu' in conseguenza della successiva gara di campionato'', afferma ancora il procuratore.
''Tale capacità di interlocuzione in alcuni casi diventa una vera e propria manifestazione di consenso preventivo alla designazione di un arbitro e rappresenta un forte potere di condizionamento sui designatori arbitrali, fondato su rapporti di particolare amicizia e confidenza che il Presidente Facchetti puo' vantare nei confronti degli stessi designatori e che trovano la loro concretizzazione espressiva nella effettuazione anche di una cena privata con Bergamo e nello scambio di numerosi favori e cortesie (elargizione di biglietti e tessere per le gare dell'Internazionale, di gadget e borsoni contenenti materiale sportivo della squadra milanese, etc...) e non meglio precisati 'regalini'''.
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