Un pareggio nell’aria quello dell’Olimpico con la Lazio. La città di
Roma non ci piace quest’anno. Tuttavia, è un punto che pesa, per come è
maturato e per quello che vale in prospettiva.
Il rigore causato da Buffon, che s’è caricato di una
colpa di altri, poteva indirizzare la partita su binari molto
pericolosi, se non avessimo assistito a una prova di squadra
incoraggiante.La Juve è cresciuta minuto dopo minuto e ha mostrato di
non essere inferiore alla Lazio neanche giocando con un uomo in meno.
Anche la dea bendata deve essersene accorta, perché i due pali colpiti
dai laziali potevano essere il colpo del ko.
Una partita giocata per i tre quarti in inferiorità
numerica non lascia molto spazio alle considerazioni tecniche, perché
alla fine quello che conta è il cuore. Qualcosa però è balzato
all’occhio. Per esempio, un Ogbonna che ancora non si sente a proprio
agio con la difesa a tre. S’è mosso molto meglio quando Conte l’ha
ridisegnata a quattro. E questo qualcosa dice.
Come dice che anche a Roma Vidal s’è lasciato andare a
leggerezze che potevano costare molto care, con le ripartenze
avversarie. Pogba è sparito nella mischia, l’attacco in questo periodo è
Llorente-dipendente e non è un bene, anche in considerazione di come si
sta mettendo il mercato.
Però bisogna inserire il momento in un quadro più
generale. La Juve di Conte tra gennaio e febbraio soffre sempre. Il
Mister non lo ammetterà mai, ma i carichi di lavoro invernali, quelli
che ci permettono sprint mostruosi a fine campionato, pesano nelle gambe
dei ragazzi tutti gli anni.
Nelle prime 11 partite del 2012 facemmo 19 su 33 (1,7
punti a partita). Mentre nel 2013 fino al primo marzo totalizzammo 15
punti su 27 (media praticamente identica: 1,6) con due sconfitte: Samp
in casa e Roma.
In questo avvio di 2014 stiamo tenendo un ritmo di 2,5
punti, che è ben altra cosa. E riusciamo ad allungare una striscia
pazzesca, che sta passando stranamente sotto silenzio: in questo
campionato la Juve ha segnato in tutte le partite. Cosa che non ci era
riuscita neppure nel torneo da imbattuti.
domenica 26 gennaio 2014
mercoledì 22 gennaio 2014
Roma e Guarin, sensazioni simili
Il day after doppio, per non farci mancare nulla. Che cosa ha fatto più
clamore, l'eliminazione dalla Coppa Italia o lo "sconcertante accaduto",
come la società definisce con glaciale sintesi l'affaire Vucinic
Guarin?
Sinceramente, di solito preferisco rimanere coi tacchetti saldi sul campo, ma stavolta è impossibile non fare anche un giro tra le scrivanie. Che cosa accomuna due eventi all'apparenza inavvicinabili?
Innanzi tutto il retrogusto d'amaro, non nascondiamocelo. Essere eliminati non è mai piacevole, in nessuna competizione. Ancora più amaro è il sapore di uno scambio che era cominciato facendomi grondare il cuore (eh, lo sapete, ho un debole per Mirko) e finito peggio: ora ditemi voi che motivazioni può trovare un atleta, che aveva già fatto le visite mediche per un altro club.
Però, bloccando le bocce, la sintesi mi pare molto simile per i due eventi. E, fatti tutti i distinguo, non riesco a essere pessimista.
A Roma hanno passato la serata a strombazzare per strada, gonfi d'orgoglio per aver sgraffignato una vittoria di misura contro la seconda squadra dei campioni d'Italia. Non c'è la controprova, ma a parti invertite la vedo dura immaginarsi qualcuno, anche uno solo, a sventolar vessilli in piazza Vittorio Veneto per aver vinto un quarto di finale di coppa Italia.
Senza spingersi a calcolare che poi, nei primi 15 giorni di febbraio, ora i giallorossi si troveranno a giocare un sanguinoso doppio confronto col Napoli, se non addirittura due derby. Classifica alla mano, possiamo davvero dire che non sia una coincidenza strategica per noi?
Capitolo mercato. Era dal 2006 che aspettavamo questo momento. Cioè la chiusura del cerchio, il ritorno definitivo allo status quo ante. Non siamo tornati solo noi, lo sono tornati pure loro. Come e più di prima. Devo ammettere che finora questo nuovo presidente sta rispondendo ai più rosei desideri: senza soldi, senza idee, senza polso e pure senza fortuna (avesse perso pure il derby, avrebbe uno score da record, senza neanche una vittoria).
Vedere la società Inter ostaggio della Curva è una sconfitta per il calcio civile, ma è un indelebile segno dei tempi nerazzurri. Hanno anche avuto il coraggio di urlare che nello scambio ci avrebbero perso. Ignorano che Mirko è stato protagonista decisivo degli ultimi due scudetti? Evidentemente, erano troppo concentrati a vedere l'andamento della borsa di Giacarta.
Sinceramente, di solito preferisco rimanere coi tacchetti saldi sul campo, ma stavolta è impossibile non fare anche un giro tra le scrivanie. Che cosa accomuna due eventi all'apparenza inavvicinabili?
Innanzi tutto il retrogusto d'amaro, non nascondiamocelo. Essere eliminati non è mai piacevole, in nessuna competizione. Ancora più amaro è il sapore di uno scambio che era cominciato facendomi grondare il cuore (eh, lo sapete, ho un debole per Mirko) e finito peggio: ora ditemi voi che motivazioni può trovare un atleta, che aveva già fatto le visite mediche per un altro club.
Però, bloccando le bocce, la sintesi mi pare molto simile per i due eventi. E, fatti tutti i distinguo, non riesco a essere pessimista.
A Roma hanno passato la serata a strombazzare per strada, gonfi d'orgoglio per aver sgraffignato una vittoria di misura contro la seconda squadra dei campioni d'Italia. Non c'è la controprova, ma a parti invertite la vedo dura immaginarsi qualcuno, anche uno solo, a sventolar vessilli in piazza Vittorio Veneto per aver vinto un quarto di finale di coppa Italia.
Senza spingersi a calcolare che poi, nei primi 15 giorni di febbraio, ora i giallorossi si troveranno a giocare un sanguinoso doppio confronto col Napoli, se non addirittura due derby. Classifica alla mano, possiamo davvero dire che non sia una coincidenza strategica per noi?
Capitolo mercato. Era dal 2006 che aspettavamo questo momento. Cioè la chiusura del cerchio, il ritorno definitivo allo status quo ante. Non siamo tornati solo noi, lo sono tornati pure loro. Come e più di prima. Devo ammettere che finora questo nuovo presidente sta rispondendo ai più rosei desideri: senza soldi, senza idee, senza polso e pure senza fortuna (avesse perso pure il derby, avrebbe uno score da record, senza neanche una vittoria).
Vedere la società Inter ostaggio della Curva è una sconfitta per il calcio civile, ma è un indelebile segno dei tempi nerazzurri. Hanno anche avuto il coraggio di urlare che nello scambio ci avrebbero perso. Ignorano che Mirko è stato protagonista decisivo degli ultimi due scudetti? Evidentemente, erano troppo concentrati a vedere l'andamento della borsa di Giacarta.
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lunedì 6 gennaio 2014
La Roma vittima di Totti e De Rossi
Scrivere a mente fredda rende tutto splendidamente cinico e spietato. Nove partite allo Stadium e nove vittorie, dieci successi a fila, con un solo gol subito, Roma e Napoli, le supposte pretendenti al titolo, che tornano a casa con tre gol sul groppone (a zero).
Se non è dominio questo.
Anche Conte ha stravinto la personale sfida con Garcia, che pure finora ha avuto molti meriti. Uno su tutti quello di far passare sotto silenzio la striscia di risultati che sta affliggendo la sua squadra dopo la sbornia delle dieci vittorie iniziali. In otto partite la Roma ha fatto 11 punti e ha vinto soltanto due volte in casa: contro un moribondo Catania e in modo stentato con la Fiorentina. Per il resto, pareggi con Torino, Sassuolo, Cagliari, quello fortunatissimo con l’Atalanta e col Milan malandato di oggi. Un ruolino da media classifica.
Invece di delirare sugli aiutini, Totti e compagni dovrebbero preoccuparsi del loro momento e cercare di capire se la vera Roma è quella del record iniziale o è questa che, in due mesi, s’è fatta divorare 13 punti dalla Juve. E capire che l’isteria non è nel bagaglio delle grandi squadre. I vincenti non ululano al complotto prima di una sfida vitale, perché sanno che abbaiando alla luna, la luna s’incazza.
Ed è quello che è capitato ieri allo Stadium, dove, se possibile, la Juve s’è abbeverata delle parole der Capitano per trovare una carica in più. Lo testimoniano le parole di Buffon e Barzagli nel dopo-partita, che hanno rispedito al mittente l’"alibi dei perdenti".
Gestire la sconfitta non è mai semplice, ma Totti e De Rossi sono vittime di se stessi e della propria romanità, che li acceca in un ambiente difficilissimo. Sarà paradossale, ma se Garcia vuole costruire una grande Roma, deve sbarazzarsi una volta per tutte dei due paladini della Capitale. Sono giocatori che invece di caricarsi sulle spalle la squadra, scaricano su di essa le loro paranoie da raccordo anulare.
Il sempre arzillo De Sanctis, non sapendo che altro dire, ha poi tirato in ballo il favore del sistema, perché la Juventus ha uno stadio gioiello. Una logica talmente alta che noi poveri mortali non riusciamo a capire. Io finora ho creduto che lo Stadium potesse e dovesse essere un vanto, ora invece scopro tristemente che è il segno dell’onta di un sistema baro che ci favorisce facendoci vedere le partite in modo civile e moderno.
Per il resto, un Tevez da standing ovation, un Vidal pazzesco, ma il mio migliore in campo è Giorgio Chiellini, la cui maglietta da 300 partite nella Juve, da oggi è in mostra al J-Museum. Impressionante per un giocatore nel pieno dell’attività.
Ultima nota a piè pagina: le lacrime di commozione di Trezeguet sono le nostre. Grazie di tutto, David.
Anche Conte ha stravinto la personale sfida con Garcia, che pure finora ha avuto molti meriti. Uno su tutti quello di far passare sotto silenzio la striscia di risultati che sta affliggendo la sua squadra dopo la sbornia delle dieci vittorie iniziali. In otto partite la Roma ha fatto 11 punti e ha vinto soltanto due volte in casa: contro un moribondo Catania e in modo stentato con la Fiorentina. Per il resto, pareggi con Torino, Sassuolo, Cagliari, quello fortunatissimo con l’Atalanta e col Milan malandato di oggi. Un ruolino da media classifica.
Invece di delirare sugli aiutini, Totti e compagni dovrebbero preoccuparsi del loro momento e cercare di capire se la vera Roma è quella del record iniziale o è questa che, in due mesi, s’è fatta divorare 13 punti dalla Juve. E capire che l’isteria non è nel bagaglio delle grandi squadre. I vincenti non ululano al complotto prima di una sfida vitale, perché sanno che abbaiando alla luna, la luna s’incazza.
Ed è quello che è capitato ieri allo Stadium, dove, se possibile, la Juve s’è abbeverata delle parole der Capitano per trovare una carica in più. Lo testimoniano le parole di Buffon e Barzagli nel dopo-partita, che hanno rispedito al mittente l’"alibi dei perdenti".
Gestire la sconfitta non è mai semplice, ma Totti e De Rossi sono vittime di se stessi e della propria romanità, che li acceca in un ambiente difficilissimo. Sarà paradossale, ma se Garcia vuole costruire una grande Roma, deve sbarazzarsi una volta per tutte dei due paladini della Capitale. Sono giocatori che invece di caricarsi sulle spalle la squadra, scaricano su di essa le loro paranoie da raccordo anulare.
Il sempre arzillo De Sanctis, non sapendo che altro dire, ha poi tirato in ballo il favore del sistema, perché la Juventus ha uno stadio gioiello. Una logica talmente alta che noi poveri mortali non riusciamo a capire. Io finora ho creduto che lo Stadium potesse e dovesse essere un vanto, ora invece scopro tristemente che è il segno dell’onta di un sistema baro che ci favorisce facendoci vedere le partite in modo civile e moderno.
Per il resto, un Tevez da standing ovation, un Vidal pazzesco, ma il mio migliore in campo è Giorgio Chiellini, la cui maglietta da 300 partite nella Juve, da oggi è in mostra al J-Museum. Impressionante per un giocatore nel pieno dell’attività.
Ultima nota a piè pagina: le lacrime di commozione di Trezeguet sono le nostre. Grazie di tutto, David.
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