Tirato per la giacchetta, esporrò brevemente il mio parere sull'intemerata di Gigi Buffon circa il gol non visto col Milan. Premessa doverosa: non trovo per nulla scandaloso quello che ha detto. Non solo, poiché stiamo parlando di pura teoria, rischiamo di sconfinare nell'aria fritta. Buffon quel gol non l'ha negato, l'ha solo evitato: il guaio è tutto arbitrale. Quindi, di che stiamo parlando?
Ma tant'è, c'è anche chi si arrotola in paragoni come questo di Paolo Ziliani e mi coinvolge (vedi commenti al post precedente). A malavoglia, non mi tiro indietro. Per la verità, il noto giornalista, che non è altrettanto noto per l'equidistanza dalla Juve, è soltanto il portavoce di una stramba teoria che continua rimbalzare su Internet (volevo scrivere Rete, ma mi pareva troppo sarcastico, visto l'argomento).
In sintesi: con l'Udinese Buffon si arrabbia perché l'arbitro gli chiede se ha toccato la palla e poi, ricevuta la risposta, non gli crede e gli assegna il corner contro, mentre col Milan confessa che non ha visto che la palla era entrata, ma se l'avesse visto non l'avrebbe detto.
Bene, qual è la contraddizione? Rispondete voi e ditemi come vi comportereste.
Siete in autostrada, andate a 180 chilometri all'ora, vi ferma la Stradale e vi chiede: “Stavate andando oltre il limite?”. Lì potete rispondere: sì o no. Se siete Buffon, probabilmente, risponderete “sì”, come lui ha fatto molte volte nella sua carriera. Poi c'è quest'altro caso. Siete in autostrada, andate a 180 all'ora, passate di fianco alla Polstrada che, distratta, non vi ferma e, perciò, decidete di farlo da soli, per fargli notare l'infrazione. Buffon tirerebbe dritto. E voi accostereste?
Stando alle statistiche della Stradale, tutti questi moralisti dell'ultima ora non risulterebbero in contravvenzione.
mercoledì 29 febbraio 2012
lunedì 27 febbraio 2012
Muntari alle Olimpiadi di boxe
Il Milan, sul sito ufficiale, reclama la prova tv per due gomitate di Pirlo a Van Bommel. Una bassezza vergognosa verso un giocatore correttissimo che ha regalato una carriera a quei colori e che, nelle due fattispecie, copre il pallone col fisico, in normalissime azioni di gioco. Fatto sta che non citano questo. Chissà come mai.
sabato 25 febbraio 2012
Onore al Milan, che battaglia!
Abbiamo regalato un tempo e siamo a un punto. Abbiamo subito due gol e abbiamo pareggiato 1 a 1. Abbiamo sbagliato tattica iniziale (plurale majestatis che si riferisce a Conte, ma oggi siamo tutti sulla stassa barca) e la squadra "più forte del campionato" non ci ha battuto in tre partite. Abbiamo sbandato pericolosamente, ma siamo ancora imbattutti in campionato. Siamo usciti da San Siro, contro il miglior Milan della stagione, e siamo ancora lì, a meno uno, con una partita in meno. Negli scontri diretti, tanto per gradire, siamo pure in vantaggio: il che equivale a un punto in più per noi.
Non è stata una partita qualsiasi, è stata una battaglia. Onore delle armi agli avversari e un velo pietoso su Tagliavento, che non ha visto un gol solare di Muntari e ha annullato un gol a Matri, per un fuorigioco che ha visto soltanto lui. Per tacer dell'espulsione di Vidal.
Detto tutto questo, abbiamo dimostrato limiti di personalità, che devono far riflettere, Siamo entrati in campo col braccino e, forse, gli sberloni presi nei primi 45 minuti saranno salutari nel corso non solo di questo campionato, ma del ciclo che si sta aprendo. Penso alla prossima stagione, quando ci troveremo in stadi dai nomi altisonanti. Là non si potrà entrare con questa titubanza, con questa timidezza.
Conte, per la seconda partita consecutiva e per consuetudine ormai consolidata, s'è trovato a dover cambiare l'intero reparto d'attacco. Succede con troppa frequenza. Stavolta però non meraviglia. Anzi, ha destato più di una sorpresa vedere Borriello in campo dal primo minuto. Sperava nel gol dell'ex? Matri è indispensabile, mi tocca ripeterlo da inizio campionato. Un attaccante del peso e della qualità internazionale che fatico a comprendere come possa essere così poco valutato dall'ambiente. Stasera ha fatto un gol fantastico, con in spalla Thiago Silva, uno dei migliori centrali del mondo.
Tuttavia è difficile fare un'analisi tecnica di una partita guardata in apnea. Mi manca ossigeno al cervello. So solo che ho in bocca un dolce sapore, quello che di solito assaporo nei momenti di gloria.
Non è stata una partita qualsiasi, è stata una battaglia. Onore delle armi agli avversari e un velo pietoso su Tagliavento, che non ha visto un gol solare di Muntari e ha annullato un gol a Matri, per un fuorigioco che ha visto soltanto lui. Per tacer dell'espulsione di Vidal.
Detto tutto questo, abbiamo dimostrato limiti di personalità, che devono far riflettere, Siamo entrati in campo col braccino e, forse, gli sberloni presi nei primi 45 minuti saranno salutari nel corso non solo di questo campionato, ma del ciclo che si sta aprendo. Penso alla prossima stagione, quando ci troveremo in stadi dai nomi altisonanti. Là non si potrà entrare con questa titubanza, con questa timidezza.
Conte, per la seconda partita consecutiva e per consuetudine ormai consolidata, s'è trovato a dover cambiare l'intero reparto d'attacco. Succede con troppa frequenza. Stavolta però non meraviglia. Anzi, ha destato più di una sorpresa vedere Borriello in campo dal primo minuto. Sperava nel gol dell'ex? Matri è indispensabile, mi tocca ripeterlo da inizio campionato. Un attaccante del peso e della qualità internazionale che fatico a comprendere come possa essere così poco valutato dall'ambiente. Stasera ha fatto un gol fantastico, con in spalla Thiago Silva, uno dei migliori centrali del mondo.
Tuttavia è difficile fare un'analisi tecnica di una partita guardata in apnea. Mi manca ossigeno al cervello. So solo che ho in bocca un dolce sapore, quello che di solito assaporo nei momenti di gloria.
giovedì 16 febbraio 2012
E se Pirlo facesse il 10?
Ha già parlato Conte. L'ha fatto pure Pirlo, uno che di solito, per dirla alla Lippi, “parla con i piedi”, mentre oggi l'ha fatto con la bocca. Succede, quando prendi una ginocchiata nelle reni a tre metri dalla porta avversaria. A parti invertite tutti gli stadi d'Italia starebbero saltando al ritmo di “sapete solo rubare”.
Però francamente rimanere imbattuti ma continuando a pareggiare con le medio-piccole impone riflessioni più profonde. Che cosa non quadra in questo gioco scintillante e sterile? Perché si mantiene il totale controllo del gioco, ma non si segna mai? Non metterne una dentro contro Siena e Parma smorza di un bel po' l'impatto delle (sacrosante) recriminazioni arbitrali.
Dopo 180 minuti senza gol la forbice con i gol fatti del Milan si sta allargando pericolosamente: 45 a 33, pur con la partita in meno. Troppo.
È davvero solo questione di assenza di un apriscatole? Vucinic continua a calpestare il suo potenziale tecnico, giocando in pantofole, ma non è e non può essere lui a spostare gli equilibri di una squadra arida di reti. È in zona record negativo, ma quello positivo, in fatto di gol, non è che sia molto più in alto. Lui è una buona spalla, ma l'interprete principale in cartellone deve essere un altro. L'ho scritto fin troppe volte, non lo farò più. Promesso, Mirko.
E quindi palla a Conte. Il mister ha fatto miracoli finora, ma il salto di qualità definitivo lo deve ancora far fare lui. Deve cavare il coniglio dal cappello e trovare il colpo di genio che sparigli le carte in tavola. Un'idea potrebbe essere cambiare la posizione di Pirlo contro le piccole e spostarlo più vicino alla porta. Col Parma è stato l'unico davvero pericoloso, sia come finalizzatore sia come uomo da ultimo passaggio.
Farlo partire troppo indietro, quando si mantiene costantemente il pallino del gioco, è un lusso da cui si può prescindere. Un Pirlo alla numero dieci vecchio stampo. Per inventare e regalare al limite dell'area avversaria un pizzico di lucida follia a una squadra fin troppo quadrata.
È solo un'idea, ma qualcosa Conte deve pur inventarsi. Così non basta, purtroppo.
Il Milan? Mentre noi pareggiavamo in provincia, loro impressionavano in Europa con l'Arsenal e ora pioveranno facili i paragoni. Ma occhio: gratta gratta, con la difesa che si ritrova, la squadra di Wenger non vale quella di Donadoni. Perciò tiriamo dritti e arrivederci al 25.
giovedì 9 febbraio 2012
#MilanJuve
La differenza tra chi ha un allenatore e chi no.
lunedì 6 febbraio 2012
Dopo il Siena siamo sicuri di dover piangere?
Risistemiamo le cose nel giusto ordine. Sta peggio la Juve, che dopo il pareggio interno col Siena, ha una partita in meno da giocare e rimane imbattuta e prima, pur con un recupero in canna? O sta peggio il Milan, che non riesce mai ad approfittare dei passi falsi della capolista, non vince uno straccio di scontro diretto, ha i nervi a fior di pelle e andrà a Udine senza Ibra?
No, perché a leggere i commenti e, soprattutto, ad ascoltare i tifosi bianconeri (troppo esigenti o ultimamente troppo abituati a fare i piangina?) si direbbe che ieri la Juve sia uscita da un sonoro cappotto.
Poi, chiaro, che il perfezionismo (che non ha dimensione terrestre, non dimentichiamolo) vorrebbe che contro la quart'ultima in classifica si passeggiasse. Forse vorrebbe anche se un avversario fa un bagher in area gli si assegni un sacrosanto rigore, no?
E probabilmente la perfezione vorrebbe anche che se costruisci una squadra attorno a un giocatore, tenendo in panca gente che sarebbe titolare in gran parte delle squadre di A, questo deve garantirti anche le vittorie che non meriteresti. Questo giocatore, l'avran capito tutti, si chiama Mirko Vucinic.
I lettori di A-Team erano già pronti a non aspettarsi diluvi di reti, ma a questi livelli di sterilità non ci si prepara mai. Tre reti in 16 presenze è ruolino da centrale di difesa, non da apriscatole delle difese più affollate.
Il colpo di genio, la giocata, l'invenzione. Questo manca alla Juve e questo doveva regalare Vucinic. Quando lo farà, la squadra di Conte si avvicinerà davvero alla perfezione. Per il momento, dobbiamo accontentarci di godere di un campionato ampiamente imperfetto. Dove, con un pareggio interno col Siena, si può mantenere il vantaggio sulla seconda e guadagnare su terza, quarta e quinta.
giovedì 2 febbraio 2012
Ora bisogna spaventare il campionato
Si dice che sia disdicevole citarsi. Ma io me ne frego altamente, perché ho un ego spropositato e perché è talmente eclatante quello che stiamo vedendo che non posso esimermi. Scrivevo il 16 gennaio: “Le partite contro le piccole valgono sempre tre punti, ma con le dirette avversarie possono valerne sei e alla fine pesa sempre la classifica avulsa dei primi posti”. Concetto ripreso pari pari da Conte la scorsa settimana, prima della sfida con l'Udinese.: “I punti varranno sei e non tre. L’Udinese da anni staziona stabilmente nelle parti alte della classifica”. Perché far punti con le dirette concorrenti ti porta al titolo.
Vale da sempre, in Italia e ovunque. Si pensi alla Spagna dove il Clásico decide quasi sempre, si pensi all'Inghilterra, dove vincere col Manchester United spiana la strada ai grandi traguardi. Persino in Germania lo scorso anno il Bayern ha concesso la vittoria della Bundesliga al Dortmund, avendo perso due volte, arrivando a 10 punti: le avesse vinte avrebbe conquistato il titolo. Se mia nonna avesse le ruote.
Perciò, si torna a noi. Avevamo lasciato il Milan con due punti in cinque partite, contro le top del campionato: pari interni con Lazio e Udinese e sconfitte con Juve, Inter e Napoli. Dopo la trasferta all'Olimpico con la Lazio, la ritroviamo con l'ennesima sconfitta. Buon per la statistica che la Roma ha sorpassato in classifica il Napoli e così può annoverare la vittoria con i giallorossi per assumere una dimensione decente: 5 punti su 21, contro le prime sei. Con Ibrahimovic per lo più spettatore non pagante.
Questo chiaramente non significa che lo scudetto sia già deciso, ma una cosa l'ha chiaramente definita: non è il Milan che ucciderà il campionato. Ora però la Juve deve dimostrare di essere una grande squadra. E le grandi squadre, quando sentono l'odore del sangue azzannano.
Le corse a due si decidono anche sul filo della psicologia e finora i bianconeri hanno dato troppo l'impressione di dover andare sempre al 110 per cento per portare a casa i tre punti. E questo rinforza le convinzioni del Milan. Il calendario ci offre invece l'opportunità di cambiare regime ed è ora di fare la voce grossa, fin dal prossimo impegno casalingo col Siena. Una goleada per spaventare il campionato e cominciare a spingere il Milan a pensare alla Champions.
Vale da sempre, in Italia e ovunque. Si pensi alla Spagna dove il Clásico decide quasi sempre, si pensi all'Inghilterra, dove vincere col Manchester United spiana la strada ai grandi traguardi. Persino in Germania lo scorso anno il Bayern ha concesso la vittoria della Bundesliga al Dortmund, avendo perso due volte, arrivando a 10 punti: le avesse vinte avrebbe conquistato il titolo. Se mia nonna avesse le ruote.
Perciò, si torna a noi. Avevamo lasciato il Milan con due punti in cinque partite, contro le top del campionato: pari interni con Lazio e Udinese e sconfitte con Juve, Inter e Napoli. Dopo la trasferta all'Olimpico con la Lazio, la ritroviamo con l'ennesima sconfitta. Buon per la statistica che la Roma ha sorpassato in classifica il Napoli e così può annoverare la vittoria con i giallorossi per assumere una dimensione decente: 5 punti su 21, contro le prime sei. Con Ibrahimovic per lo più spettatore non pagante.
Questo chiaramente non significa che lo scudetto sia già deciso, ma una cosa l'ha chiaramente definita: non è il Milan che ucciderà il campionato. Ora però la Juve deve dimostrare di essere una grande squadra. E le grandi squadre, quando sentono l'odore del sangue azzannano.
Le corse a due si decidono anche sul filo della psicologia e finora i bianconeri hanno dato troppo l'impressione di dover andare sempre al 110 per cento per portare a casa i tre punti. E questo rinforza le convinzioni del Milan. Il calendario ci offre invece l'opportunità di cambiare regime ed è ora di fare la voce grossa, fin dal prossimo impegno casalingo col Siena. Una goleada per spaventare il campionato e cominciare a spingere il Milan a pensare alla Champions.
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